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Don Olgierd Nyc: Volando sul meraviglioso Cilento

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Cilento, luogo meraviglioso dell’antica Campania felix

Il Cilento è sempre un luogo meraviglioso dell’antica “Campania felix” e recentemente mentre navigavo su YouTube ho scoperto alcuni filmati molto belli realizzati da Don Olgierd Nyc e subito mi è venuta l’idea di proporli ai lettori appassionati di questa magnifica terra, unica al mondo nel suo genere.

Ho così contattato l’autore di tali filmati al quale ho chiesto di poterli pubblicare in un articolo da lui scritto per AltoMareBlu, in quanto meritano assolutamente di essere visualizzati da tanti appassionati di questi luoghi ameni e per fortuna ancora incontaminati, lasciando a voi lettori ogni personale impressione ed opinione, ringraziando il caro Don Olgierd Nyc per la sua squisita disponibilità e per aver accolto la mia richiesta!

Giacomo Vitale

Don Olgierd Nyc: Volando sul meraviglioso CilentoMi chiamo Olgierd Nyc e sono un sacerdote di origine polacca che vive in Italia dall’età di 19 anni. Dal 2006 pratico volo libero. Ho iniziato dapprima con il parapendio, poi paraplan a motore e da qualche anno con il deltaplano.

Parco Nazionale dell’Abruzzo

Di recente grazie ai miei voli nel Parco Nazionale dell’Abruzzo, del Cilento (Palinuro, Sacro Monte di Novi Velia, Monte Cervati, Castellabate) ho realizzato alcuni video di questi luoghi che ho avuto il piacere di visitare “dall’alto”.

Ho sempre nutrito un profondo amore per la natura: camminare tra i boschi e arrivare in vetta mi ha sempre regalato e mi regala un senso di libertà ineguagliabile.

Rimango affascinato dai colori degli alberi, dai fiori di campo che rifioriscono in primavera e del loro odore, del canto degli uccelli, dal fascino del mare, il quale “calmo o agitato, silenzioso od irato ha ogni giorno ed ogni istante un significato base unico e inesorabile, che è la sua grandezza: il senso travolgente di una immane aspirazione all’infinito, al mistero infinito” (cfr. don Luigi Giussani).

Inizialmente dei miei voli facevo delle riprese solo per me, nel senso che tornando a casa amavo rivedere i meravigliosi paesaggi in cui ero stato, magari colti in momenti particolari, ad esempio un tramonto speciale riflesso sul mare. Con il tempo è sorta in me l’idea di realizzare, ovviamente da dilettante, dei video di questi posti per il semplice gusto di condividere la bellezza della natura e delle sue incredibili sfaccettature, magari riuscendo a trasmettere qualcosa anche a chi non può percepire la natura nella sua pienezza per le più svariate ragioni.

Per chi avesse desiderio di vederli sono pubblicati su youtube. E’ su youtube che Giacomo Vitale è venuto a conoscenza dei miei video e della mia passione per il volo. Ringrazio di cuore, mi permetto di dire, l’amico Giacomo per avermi rivolto l’invito a scrivere questo articolo, anche se penso di non meritare così tanta attenzione.

Un prete “volante” può sembrare strano ma è anche grazie al volo che attingo quella forza per cercare di vivere sempre meglio e pienamente questo meraviglioso dono di cui il Signore, nella Sua infinita bontà, ha ritenuto di potermi rivolgere.

Non è facile descrivere l’emozioni, le sensazioni e i sentimenti che provo quando sono nel cielo infinito. I paesaggi visti dall’alto, non solo costituiscono un magnifico scenario da contemplare, ma quasi una scuola di vita. In essi si impara a faticare per raggiungere una meta, a vedere sotto un’angolatura giusta i momenti di difficoltà, a gustare il silenzio, a riconoscere la propria piccolezza in un ambiente maestoso e soprattutto a recuperare continuamente un senso di umiltà che l’essere sospesi ad una certa altezza iscrive a le lettere maiuscole nella propria consapevolezza.

cilentoL’uomo ha in sé una sete di infinito, una ricerca di bellezza, un desiderio d’amore, una necessità di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto. Avverte, scrutando nel profondo e oltre le incombenze quotidiane, di essere afferrato da una sorta di nostalgia dell’anima, l’inquietudine di trovare qualcosa in cui il suo essere in ricerca, sfoci nell’acquisizione di un barlume di speranza che orienti il senso della propria vita.

Qualcosa che richiami l’essenzialità originale di se stesso, la sua unicità, disarmata di fronte agli eventi del mondo e della vita personale e sociale. Allora ecco che volando immerso nel cielo infinito, senza volto e senza appartenenza alle “folle solitarie”, che generano smarrimento e perdita di orizzonte, usurato a volte anche da me stesso, dalla fatica delle relazioni e della precarietà degli affetti e delle imprese sociali, mi rimetto “sulla strada dell’anima” alla ricerca di autenticità, di sincerità, di trasparenza con me stesso, di riposo acquietante dedicato alla contemplazione, alla gratuità.

Nel librarsi per aria acquisisco una fonte di emozioni profonde che “sollevano” i coperchi della mia anima e liberano energie sopite. Il mio spirito umano nel cielo si trova accolto in uno spazio amato, trova “Qualcuno” in attesa di lui, trova appagamento di quel bisogno di Dio che pulsa nel cuore.

Ne scaturisce una soddisfazione che dilata e inebria, illumina gli aspetti più reconditi dell’esperienza personale, concede una tregua alle passioni, apre gli orizzonti del cuore e della mente su altri scenari, riconcilia con la vita e con le strettezze dei bisogni insoddisfatti. Si tratta di un fascino che non riscontro altrove, un’attrattiva irresistibile perché è denso di silenzio e in questo silenzio mi sembra di sentire accanto a me con una forza “purificante” ed “esaltante” che mi avvolge, come in un grembo materno,

Dio che ho scelto umilmente di servire e che rappresenta la mia stessa vita.

Liberarsi nel cielo con un deltaplano o con un parapendio è quanto di più vicino vi sia al volo degli uccelli. Volando si ha la sensazione quasi di essere un’aquila o un falco, ovvero uno di quei fantastici animali che scivolano nell’aria come per magia, fra vette scoscese e cieli tersi, dominando le correnti, planando, virando, modificando semplicemente l’inclinazione delle penne e rispondendo con muscoli ed ossa ad ogni minima vibrazione dell’aria.

L’aria, la luce, i colori ed i profumi mi avvolgono facendomi sentire non più intruso o spettatore, ma parte viva del mondo meraviglioso che mi circonda. Solo nel cielo riesco veramente a realizzare quel confronto con me stesso, le mie stesse forze, i miei pensieri, i miei limiti, dal quale può scaturire la consapevolezza che per raggiungere la vera gioia si deve avere il coraggio, non solo di crederci, ma anche di agire per realizzarla.

Non so cosa potrei aggiungere ancora. Preferisco che parlino, in maniera più esplicita, i filmati che ho realizzato quale semplice “raccoglitore di bellezza” della terra e del mare.

 

L'articolo Don Olgierd Nyc: Volando sul meraviglioso Cilento proviene da Nautica e barche d'epoca - Altomareblu.


Sarima Blue Scar… una incredibile passione di famiglia – prima puntata

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Dell’Italcraft Sarima abbiamo parlato più volte in diversi articoli qui su AltoMareBlu, un armatore appassionato del suo Sarima ci ha inviato la storia di questa barca di famiglia; il Blue Scar.

Barca classica Italcraft Sarima Blue Scar

Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar

Devo dire che appena ho ricevuto tutto il malloppo delle foto, Dvd ed immagini sono rimasto impressionato non solo per la grande quantità di foto scattate durante le tante fasi di lavorazione, ma anche per la documentazione tecnica della barca allegata.

Anche una pubblicazione fatta stampare appositamente per AltoMareBlu e colgo l’occasione per ringraziare l’armatore di questa barca che l’ha seguita e mantenuta in ottime condizioni arrivando a cambiare la motorizzazione per ben quattro volte e dopo aver fatto tutte le esperienze in merito, l’ultima è stata la soluzione migliore che questo open, costruito dai Cantieri Italcraft di Bracciano dalla metà degli anni ’60, fino al 1975 in una serie di circa 700 esemplari poteva avere.

Procediamo per gradi e ricordiamo i dati principali di questa imbarcazione progettata e costruita dalla Italcraft di Bracciano:

DATI DI TARGA

  • Progettista: Cantieri Navali Italcraft
  • Anni di costruzione:  dal 1965 fino al 1975
  • Anno costruzione Blue Scar: 1966
  • Lunghezza f.t.: 7 m
  • Larghezza max.: 2,76
  • Materiale di costruzione: Legno e compensato lamellare corazzato
  • Serbatoi carburante: 2 x 100 litri cadauno
  • Dislocamento: 2.4 tonn.
  • Tipo di carena: a V con dislocamento – planante e dotata di pattini per favorire la planata
  • Angolo di diedro allo specchio di poppa: 16°

Le motorizzazioni di serie disponibili al momento dell’acquisto erano:

  • Mercruiser (USA)
  • Cilindrata: 2507 cc.
  • Potenza e numero motori:  2 x 110 HP benzina
  • Numero cilindri: 4 in linea
  • Rapporto riduzione: 1,85:1
  • Raffreddamento con presa a mare dal piede
  • Carburante: benzina super
  • Volvo Penta: 6 cilindri 2 x 175 HP benzina per la versione “Super Veloce”
  • Volvo Penta: 4 cilindri 2 x 145 HP benzina
  • Volvo Penta: 4 cilindri 3 x 130 HP diesel
  • I tipi di motore sopra indicati erano tutti del tipo entro fuori bordo

Trasmissione:

Sterndrive (Piede poppiero): Volvo Penta Aquamatic 280

Rapporti di riduzione disponibili secondo motorizzazioni:

  • 1,16:1
  • 1,89:1
  • 2,15:1

Eliche con motorizzazione da 110 HP: 15′ x 17′

Per ottimizzare le prestazioni secondo le motorizzazioni potevano essere montate anche le eliche di diametro sempre da 15′ ma con passo diverso:

  • 15′ x 18′ – 15′ x 19′ – 15′ x 20′ (dimensioni eliche espresse in inches – pollici)

VELOCITA’ MASSIMA CON MOTORI MERCRUISER DA 110 HP cad.:

  • 33,55 nodi

CONSUMI CARBURANTE:

  • 2.000 giri motore: 16,80 litri/h – regime medio di rotazione motori
  • 4.000 giri motore: 51,00 litri /h – regime massimo di rotazione motori

NOTA:

I consumi e le prestazioni indicate si riferiscono alla barca in corretto assetto di navigazione ed a medio carico. E’ implicito che se il peso diminuisce o aumenta a secondo del numero di passeggeri imbarcati, le prestazioni indicate possono variare in modo sensibile.

PREZZI AL PUBBLICO

  • Versione a due motori Mercruiser 2 x 110 HP: 4.950.000
  • Versione ad un solo motore Mercruiser 110 HP: 3.650.000
  • Versione ad un solo motore Mercruiser 150 HP: 3.960.000

COME ERA IL SARIMA BLUE SCAR QUANDO FU ACQUISTATA DALL’ATTUALE ARMATORE

Dalle foto che l’armatore ci ha inviato si vede come era la barca nel 1993, quando fu eseguito il primo restaro, la barca fu utilizzata dall’armatore ed alla sua famiglia per ben tredici stagioni e cioè fino all’estate del 2006.

Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro Sarima: Blue Scar
Italcraft modello Sarima: Blue Scar Barca classica Italcraft Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Sarima: Blue Scar
Italcraft modello Sarima: Blue Scar Sarima Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar

PRIMO RESTAURO (periodo di uso: 1993 – 2006)

L’enorme mole di lavoro che si è articolata nei vari restauri a cui è stata sottoposta la barca ha messo in evidenza la grande costanza ed il metodo di lavoro scelto mi ha invogliato di pubblicare su AMB la metamorfosi positiva e la cura a cui è stata sottoposta questa barca ed è così che ho deciso di pubblicare in più puntate un articolo da mostrare ai nostri lettori di AltoMareBlu agli appassionati di restauro di barche storiche, presentando in successione tutte le fasi di lavorazione che sono state necessarie per riportare al suo antico splendore il Sarima che fu costruito in una serie di circa settecento esemplari. Va detto che dopo i restauri detti, la barca oggi è certamente più robusta di quando fu costruita e varata in mare la prima volta.

SVERNICIATURA E LEVIGATURA CARENA

Dopo aver rimosso i vari strati di antivegetativa ed altre pitture in opera viva e successivamente in opera morta si è passati alla fase di asciugatura della carena durata sette mesi, al fine di portare l’umidità relativa contenuta nei suoi legni di carena ed opera mosta, cabina ecc.. al valore del 12%, condizione fondamentale ed irrinunciabile al fine di poter eseguire una corretta laminazione mediante resina epossidica di detti legni, al fine di aumentarne la sua rigidità strutturale e la resistenza meccanica. Tuttavia, credo che più delle mie parole le foto, che di seguito potete vedere, siano decisamente più eloquenti di qualsiasi discorso…

DEUMIDIFICAZIONE CARENA PER SETTE MESI

Appena presa la decisione da parte dell’armatore di procedere con primo restauro del suo Sarima, è stato consigliato saggiamente di smontare tutto l’armamento della medesima e dopo aver applicato all’opera viva una tendina laterale che correva lungo la parte superiore della linea di galleggiamento, è stato posto nell’area circoscritta dalla tendina in plastica trasparente un deumidificatore che ha lavorato per sette lunghi mesi riportando il grado di umidità relativa al valore inferiore del 12%, come previsto dalle norme RINA.

Prima di fare un trattamento epossidico alla carena è estremamente importante che il grado di umidità relativa del legno sia appunto uguale o inferiore al valore sopra indicato. Questo perché se si procedesse alla laminazione della carena mediante resina epossidica, nonostante un’alta concentrazione di umidità relativa del legno, i risultati sarebbero devastanti e l’umidità intrappolata nel legno, non in grado di potere uscire dallo stesso in quanto la resina epossidica è un materiale a cellula totalmente chiusa lo farebbe marcire irrimediabilmente.

Quindi, prima di laminare il legno con resina epossidica ricordarsi che l’umidità relativa di tale materiale deve essere contenuta al 12% e se meno, meglio ancora. Pertanto, molto prezioso il lavoro di asciugatura fatto per sette lunghi mesi e che ha assicurato poi un corretto lavoro di rinforzo ed impermeabilizzazioni della carena.

Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar

RINFORZO ORDINATE – CORRENTI – SENTINA – CARENA E PATTINI

Dalle foto di seguitopubblicate si nota come i pattini e la chiglia posta tra i due fondi della carena sono stati rinforzati con una estensione di resina epossidica mischiata con additivo silice colloidale ed in grado di irrobustire sia i pattini che le giuntuure della chiglia. Inoltre, la laminazione dell’opera viva nello specifico, ma per qualsiasi superficie della barca da trattare in questo modo, tra una mano ed un’altra di laminazione si può evitare la levigatura a condizione che lo strato ultimo appena laminato sia appiccicoso e così lo strato successivo fa un corpo con il precedente ed il tutto si consolida perfettamente dopo l’asciugatura totale. Con questo criterio si possono stendere anche diversi strati di resina epossidica. Solo l’ultimo strato si deve affinare con carta abrasiva ed acqua, in quanto, rendendo ruvida la superficie lo strato successivo di pittura di fondo aderisce benissimo al supporto.

Notare come, con una miscela di resina epossidica e silice colloidale, si procede al rinforzo delle giunture e dei pattini che così trattate hanno una resistensa superiore e la carena ne acquista in rigidità struttural, resistendo bene alle sollicitazioni meccaniche che in una barca, specialmente in condizioni meteo avverse, sono molto dure…

Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar Restauro barca classica Italcraft modello Sarima: Blue Scar
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LIVELLAMENTO SCOLI IN SENTINA

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LAMINAZIONE CARENA

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INTERNI E POZZETTO DOPO IL PRIMO RESTAURO

Barca classica Italcraft Sarima Blue Scar

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Questi i dati e le foto che l’armatore di questa fortunata barca ci ha fornito e che abbiamo raggruppato nella prima puntata di questo primo restauro importante a cui è stata sottoposta.

Nella prossima puntata vi illustreremo tutte le fasi del secondo restauro che ha anche comportato la sostituzione dei motori.

(fine prima puntata)

 

L'articolo Sarima Blue Scar… una incredibile passione di famiglia – prima puntata proviene da Nautica e barche d'epoca - Altomareblu.

Restauro: Italcraft X33 indimenticabile barca storica!! (prima puntata)

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Barca Classica Italcraft X33

Barca Classica Italcraft X33

X33 Flying Bridge GIOIA

STORIA E CARATTERISTICHE TECNICHE DELL’X33

L’X33 fu una barca progettata dall’Italcraft, uno dei cantieri italiani più noti e derivata dal più grande X44, che all’epoca aveva la sua sede di costruzione delle barche in legno a Bracciano dove nacquero famosi modelli come il Drago, Mini Drago, Sarima ecc.. tutte barche di grande successo.

ESEMPLARI DI X33 COSTRUITI

  • In totale: 80 divisi in:
  • Versione Flying Bridge: 40 esemplari
  • Versione Diplomat – open: 40 esemplari  
  • Anno inizio costruzione in serie:  1969

Barca Classica Italcraft X33

DATI DI TARGA

  • Lunghezza f.t.: 10,30 m
  • Larghezza max.: 3,70 m
  • Immersione: 0,80 m
  • Materiale di costruzione: lamellare di mogano corazzato con ordinate, chiglia, correnti, longitudinali in massello
  • Serbatoio acqua: 200 litri
  • Serbatoio gasolio: 750 litri

MOTORI

Furono montati diverse coppie di motori come indicato di seguito, ma si possono trovare X 33 con
motorizzazioni scelte dagli armatori e diverse da quelle del cantiere:

  • Perkins:   2 x 160 HP diesel
  • Perkins:   2 x 190 HP diesel 
  • Aifo:          2 x 220 HP diesel
  • Chrysler: 2 x 225 HP benzina

Una bella barca con carena a V profondo allo specchio di poppa, semiplanante con pattini di sostentamento.
Nel complesso tra ponti ed un  pozzetto ampio è una barca molto pratica e fruibile con il tetto del fly corto, molto indicato per gli appassionati della pesca. Belli gli arredamenti interni.

FOTO PRIMA DEL RESTAURO

Le condizioni generali dell’X33 presentavano alcune criticità serie seguito documentate

Barca Classica Italcraft X33
Barca Classica Italcraft X33 Barca Classica Italcraft X33

POZZETTO – PONTI – INTERNI

Queste barche in compensato corazzato di mogano e con struttura portante in mogano massello, se ben curate e seguite con grande attenzione da un buon mastro d’ascia ben organizzato e responsabile di un cantiere specializzato nella manutenzione di questa tipologia di barche, possono avere una vita lunghissima.

Purtroppo, la crisi economica senza precedenti ha investito principalmente il nostro paese per vari motivi, tra cui una nostra politica asservita alla UE che ha danneggiato tante attività tipiche del nostro paese, tra cui quelle dei cantieri navali di nuova produzione e rimessaggio di barche da diporto, subendo una netta caduta della domanda di costruzione di nuove unità e della ristrutturazione e manutenzione di barche storiche come l’X33 Italcraft.

Tutto questo ha segnato spesso la fine di questi cantieri e di queste barche storiche che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra marineria e nella nautica da diporto di un certo livello di successo di cui il Cantiere Italcraft di Bracciano ebbe un ruolo determinante per le varie serie di barche che riuscì a realizzare e che suscitarono un successo nella storia dello stesso cantiere, creando ricchezza e posti di lavoro, mentre attualmente pur avendo suvito diversi cambi di proprietà con lo scopo di rilanciarlo, naviga in acque molto mosse sempre per questa maledetta crisi che ci attanaglia ormai da troppo tempo… ma questa è un’altra storia.

Come detto, imbarcazioni cone l’X33 richiedevano alcune attenzioni da parte dei loro armatori in quanto il problema un po’ di tutte queste unità erano i ponti lasciati alle intemperie e soprattutto esposti all’acqua piovana che, essendo calcarea, quando evapora corrode irrimediabilmente il legno ed a lungo andare lo fa marcire, anche se protetto con appositi olii che dovrebbero evitare di fare assorbire l’acqua piovana. Inoltre, questo inconveniente innesca le odiose infiltrazioni d’acqua che creano danni non indifferenti e onerosi.

Ovviamente, quando tali barche vengono risanate occorrono alcune attenzioni per evitale che questo grave inconveniente possa creare danni che a lungo andare diventano sempre più gravi, con costi elevati da sostenere per risanarle.

Come prima cosa, quando si è costretti a sostituire il sottoponte e le doghe di teak è importante fare in modo che l’eventuale accumulo di acqua piovana possa essere evitato facendo in modo che ci siano delle pendenze che fanno defluire subito l’acqua negli appositi scoli posti sul paiolato. Inoltre, dove possibile, si dovrebbe fare in modo che l’acqua piovana possa uscire facilmente dagli ombrinali, se presenti. Quindi, concludendo tale discorso è valido per i ponti, il fly ed il pozzetto. E’ anche molto importante che l’acqua che si accumula in sentina deve essere esaurita nel più breve tempo possibile e nella sua totalità. E’ quindi importante fare in modo di istallare pompe di sentina a parte e con le succhiarole poste nei punti in cui, verso poppa si genera l’accumulo dell’acqua piovana. Altro elemento importante per risolvere questo annoso e costoso problema, potrebbe essere il livellamento della sentina della barca verso poppa, facendo in modo che la chiglia sia annegata ad un solo livello con resina epossidica miscelata con silice colloidale o altri additivi che, oltre a rinforzare il fondo scafo, consentono alla pompa di sentina di esaurire le acque piovane accumulate nella quasi totalità.

Dalle foto si vedono i danni causati sempre dall’acqua piovana e dal fatto che con pioggia battente i due scoli d’acqua posti nel pozzetto a dritta ed a sinistra, davanti alla porta scorrevole di accesso al quadrato della barca, non riescono a farla defluire rapidamente in sentina e quindi schizza sullo zoccolo che fa da supporto al paiolato interno del quadrato.

Tutto questo a lungo andare crea i problemi di cui detto. Molto importante sarebbe, oltre a risanare i legni marciti dello zoccolo sotto porta, fare un trattamento epossidico profondo della parte in questione, applicando anche uno staro sottile di tessuto in fibra di vetro che ne rinforza la struttura mantenendo lontana l’acqua e la possibilità che possa essere assorbita dal compensato, rovinandolo nel tempo.

Barca Classica Italcraft X33 Barca Classica Italcraft X33 Barca Italcraft X33 Barca Italcraft X33
Italcraft X33 Restauro barca classica X33 Italcraft Restauro barca classica X33 Italcraft Restauro barca classica X33 Italcraft

Restauro barca classica X33 Italcraft

Da notare quanto siano gravi le infiltrazioni di acqua piovana e come in questo caso, costringono allo smontaggio di tutto il paiolato del quadrato, con la rimozione dei mobiletti, dinette, tutta la struttura della strumentazione del posto di comando e quindi di parte dell’impianto elettrico. Il che vuol dire pagare anche un elettronauta per lo smontaggio ed il rimontaggio delle parti interessate a tali lavori.

Il consiglio che posso dare in questi casi, oltre a quanto già descritto, di fare in modo che quando la barca rimane all’ormeggio, sia coperta con un telone impermeabile che, in caso di pioggia anche battente, non faccia accumulare l’acqua nel pozzetto che rimanendo asciutto evita che si possano verificare tutti gli inconvenienti descritti. Lo stesso dicasi per il fly che, nel caso specifico, ha portato alla rimozione e rifacimento di bagli e longitudinali su cui vanno poi a poggiare i fondi del paiolato del fly e quindi il cielo del quadrato.

Restauro barca classica X33 Italcraft Restauro barca classica X33 Italcraft Restauro barca classica X33 Italcraft

ISTALLAZIONE ELICA DI PRUA

Indubbiamente, il montaggio dell’elica di prua è un notevole aiuto per ormeggiare una barca come l’X33 che, essendo alta di profilo tra l’opera morta, la cabina ed il fly, risulta essere molto soggetto al vento laterale e se il mare è anche mosso l’ormeggio, se non aiutati da qualcuno che sia a bordo e dai marinai in banchina, potrebbe trasformarsi in un incubo.

Tuttavia, ci sono alcune considerazioni da fare in quanto il tubo posizionato dietro alla ruota di prua dell’X33 non mi convince troppo e lo vedo come un indebolimento della struttura di quel punto molto delicato di tutte le barche e se disgraziatamente si urtasse contro un ostacolo come una bombola di gas galleggiate, in quel punto si avrebbe una crisi da rottura della struttura portante riferita alla ruota di prua ed il rischio di un allagamento della sentina in un tempoo brevissimo, con tutto quello che ne potrebbe conseguire…

Sarebbe preferibile creare una struttura leggera di legno, da dritta a sinistra ed a ridosso del tubo rinforzato con biassiale di fibra di vetro e resina epossidica, in modo tale che in caso di urto contro un corpo duro e galleggiante non si possano crteare criticità molto pericolose per la ruota di prua.

Restauro barca classica X33 Italcraft Restauro barca classica X33 Italcraft Restauro X33 Italcraft

RIPARAZIONE PAIOLATO FLY QUADRATO

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Nella prossima puntata vederemo l’evoluzione dei lavori di ristrutturazione dell’X 33 GIOIA!

(fine prima puntata)

 

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Sarima Blue Scar… una incredibile passione di famiglia – seconda puntata

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Restauro barca Sarima Blue Scar (2009 – 2010)

GENNAIO 2009
Gli armatori confabulano con meccanico e carpentiere le scelte tecniche imminenti per il Sarima Blue Scar..

Restauro barca classica Sarima Blue Scar Restauro barca classica Sarima Blue Scar Restauro barca classica Sarima Blue Scar Restauro barca classica Sarima Blue Scar
Restauro barca classica Sarima Blue Scar Restauro barca classica Sarima Blue Scar Restauro barca classica Sarima Blue Scar Restauro barca classica Sarima Blue Scar

Il restauro del 2009 si è reso necessario a causa principalmente dei motori Aifo diesel che erano stati imbarcati al posto dei Mercruiser 110 HP entro fuoribordo benzina che erano vecchi come concezione, costosi come gestione ed ormai inaffidabili data l’età, inclusi i costi dei ricambi..

Si è così scelto di sostituire i motori diesel Aifo con una coppia di motori Volvo Penta 200 TD  e relativi stern drive (piedi poppieri) duo prop, in grado di dare una poderosa spinta ed una grande dierzionalità alla barca, in virtù alla potenza di 400 HP che sviluppa la nuova motorizzazione.

Come potete vedere dalle foto di seguito pubblicate, prima di fare questo cambio si è reso necessario portare a legno vivo le parti interessate alla sostituzione dei motori. Prevedendo potenze e pesi maggiori dei motori, si è proceduto come prima cosa al rinforzo del fondo scafo a poppa con le giunture tra lo specchio di poppa, l’opera morta delle fiancate al giardinetto di poppa.

barca classica Sarima Blue Scar barca classica Sarima Blue Scar

Sbarcati i motori Aifo e prevedendo i lavori di rinforzo delle strutture del vano motori e dello specchio di poppa, appena smontato il tutto, impianti compresi, si è provveduto a portare il legno e le giunture a vista, eliminando tutti i trattamenti che erano stati fatti dal cantiere costruttore.

La situazione critica si è manifestata nel vano motori e più specificamente allo specchio di poppa, nella parte che va a giuntarsi con il fondo dello scafo e con le due fiancate.

barca classica Sarima Blue Scar barca classica Sarima Blue Scar barca classica Sarima Blue Scar barca classica Sarima Blue Scar

MARZO 2009

Le foto parlano chiaro ed i compensati del fondo – opera morta – specchio vengono portati a legno vivo per risanare le giunture in cui una parte degli stessi si è corrosa per essetti delle erosione del mare, correnti elettro galvaniche ed anche l’età della imbarcazione…

barca classica Sarima Blue Scar barca classica Sarima Blue Scar barca classica Sarima Blue Scar barca classica Sarima Blue Scar

La foto nel dettaglio a seguire fa vedere chiarmanete che una parte del punto di contatto del fondo con l’ordinata di poppa è completamente mancante…

Sarima Blue Scar

Sarima Blue Scar

Criticità giunzione specchio poppa – fondo – opera morta a dritta

Sarima Blue Scar

criticità giunture specchio – opera morta giardinetto – fondo – ordinata di poppa sinistra

Si è così deciso di proseguire con i lavori di rinforzo e consolidamento di questa parte molto importante dello scafo, andando avanti anche con gli altri lavori di restauro dell’unità che a questo punto, vista la grande rivoluzione in corso determinata dalla sostituzione dei motori, si è reso necessario un intervento radicale…

Sarima Blue Scar Sarima Blue Scar Sarima Blue Scar Sarima Blue Scar

APRILE 2009

Il tempo era volato e da gennaio si era arrivati ad aprile portando avanti i lavori del resto della barca e nello specifico le foto illustrano i lavori eseguiti a prua, dove è stato completamente rimosso il paiolato originale, che era realizzato in due parti simmetriche dritta e sinistra, ma che aveva delle criticità dovute all’età e se non si interveniva per tempo, eventuali infiltrazioni d’accqua, per effetto della pioggia o spruzzi di acqua di mare che vanno a depositarsi sul ponte di coperta, potevano poi infiltrarsi dal ponte e danneggiare le strutture in legno della cabina inferiore. Questo è un problema da prevenire assolutamente, in quanto l’acqua piovana è ricca di calcio che a lungo andare corrode il legno creando uina serie di grosse difficoltà e marciume che se trascurato, può portare garvi danni alla struttura della barca.

Come vedete, il fondo in compensato di mogano del ponte di prua, una volta levigato e pulito come di deve, viene poi laminato con tre mani di resina epossidica passata bagnato su bagnato, in modo da evitare la fastidiosa levigatura, impermeabilizzando perfettamente il fondo. Quando si esegue questa fase di lavorazione è importante aiutarsi non solo con un apposito rullo, ma anche con un pennello, con il quale si deve insistere molto nelle giunture, facendo in modo che la resina epossidica entri bene nelle stesse, verificando che il legno la assorba bene. Bisogna insistere e passare altra resina fino a quando il legno non l’assorbe più. Cosa che si può notare quando il legno da opaco, diventa poi lucido, perchè ormai è saturo di resina epossidica e non ne assorbe più.

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MAGGIO 2009

Nelle foto dello specchio di poppa di seguito inserite potete vedere come è stato risanata l’ordinata di poppa e le giunture, vistosamente corrose, sono state riempite con una miscela di resina epossidica e filler poudar o silice colloidale. La miscela di questi componenti deve essere fatta in modo che abbia la consistenza di uno yogurt, giusto per intenderci, in modo che penetri in profondità sul legno precedentemente inzuppato della sola resina epossidica e fino a quando questa diventa appiccicaticcia, si deve poi procedere con il riempimento delle parti mancanti del regno corroso.

La consistenza di questa miscela, o meglio la viscosità fa decisa volta per volta come farla e l’esperienza aiuta moltissimo nello specifico. Vale la regola che la miscela non deve essere molto liquida, in modo che, specialmente in verticale, non coli. Infine si vede che sulla linea di giuntura dell’odiata di poppa ed il fondo è stato aggiunto ed incollato con resina epossidica addensata, un compensato corazzato in mogano da 25 mm, per fare in modo che la giuntura acquisisce una forte tenuta meccanica, oltre ad un isolamento totale dall’umidità.

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Barca classica Italcraft

GIUGNO 2009

Il tempo pasa velocemente e giugno 2009 arriva in men che non si pensi e si procede con i lavori di risanamento e consolidazione del vano motori in cui saranno alloggiati i due motori Volvo Penta da 200 HP TD.

Infatti, questi motori sono abbastanza pesanti e se la struttura portante della barca non è in ordine e preparata correttamente per sostenere il peso dei due motori, si rischia di arrecare gravi danni alla barca, con tutto le complicazioni immaginabili…

Nelle foto potete vedere con quale maestria è stato eseguito un cordone di rinforzo di resina epossidica e addensante, in modo da creare una miscela adesiva e resistentissima tra le varie giunzioni.

Infine, dopo aver realizzato i rinforzi delle varie giunture, si è proceduto con la laminazione del fondo della sentina e contemporaneamente è stato aggiunto un tessuto biassiale di vetro a grammatura leggera, al fine di conferire una rigidità strutturale adeguata, oltre ad un deciso aumento della resistenza meccanica della barca nella parte interessata.

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Da notare che è stata prestata molta attenzione ai fori di scolo delle eventuali acque che potrebbero accumularsi in sentina e che poi vengono automaticamente esaurite dalle relative pompe di sentina.

Infine, si è arrivati alla fase di montaggio delle doghe del nuovo musone di prua.

(fine della seconda puntata)

 

L'articolo Sarima Blue Scar… una incredibile passione di famiglia – seconda puntata proviene da Nautica e barche d'epoca - Altomareblu.

Cantiere Baglietto di Varazze: 18 M 2 Fly – in vendita a Messina

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Cantiere Baglietto di Varazze: 18 M Fly - in vendita a Messina

DESCRIZIONE E CARATTERISTICHE DI PROGETTO

Il Baglietto 18 M fu costruito dai Cantieri Navali Baglietto di Varazze (SV) dal 1972 al 1985. Indubbiamente questo cantiere navale nato da oltre 150 anni è stato veramente una eccellenza di questo settore che ha costruito barche a motore, navi a vela, mas durante la seconda guerra mondiale, motoscafi, motovedette per la GdF, barche a vela, aliscafi ecc. Inoltre,una serie di motoryacht che ancora oggi si possono incontare navigando e che segnarono un grande successo di questo cantiere furono i modelli Elba e Ischia in legno, come tutta la produzione di questo famosissimo ed apprezzato cantiere.

Il Baglietto 18 M 2 è l’evoluzione del modello 18 M  da cui sostanzialmente deriva con lievi differenze della carena, ma soprattutto nelle sovrastrutture sostanzialmente diverse. All’epoca quando usci fu una barca che piacque ed ebbe successo, soprattutto per la semplicità e la sobrietà degli interni.

Baglietto 18 M Fly in vendita Messina

Baglietto 18 M Fly in vendita Messina

Baglietto 18 M 2 Fly – Barca Classica in vendita a Messina

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Baglietto 18 M Fly in vendita Messina

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COSTRUZIONE

  • In legno di mogano e duglas la chiglia ordinate e correnti, con fasciame del fondo realizzato in compensato di mogano massello diagonale.
  • Il fasciame dell’opera morta è in compensato di mogano
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  • Cabina di prua realizzata con due letti disposti a murata ed un mobile in mezzo
  • cabina dell’equipaggio, con 2 cuccette a V e il bagno in mezzo
  • Due bagni contrapposti a poppa, mentre in mezzo c’è la scala a chiocciola di discesa dalla plancia
  • Cabina armatore distribuita su tutta la larghezza della barca nella sezione maestra, con un doppio letto a sinistra ed a dritta, separati dalsolito armadio
  • A poppa della cabina armatore e della paratia stagna, sono ubicati i serbatoi, il locale motori e una cabina di poppa con il bagno ed il relativo gavone per stivare oggetti che occorrono a bordo di uno yacht del genere ed i serbatoi dell’acqua
  • Il posto di comando ha l’area carteggio a dritta ed un divano a sinistra
  • Cucina separata e il saloncino, con il corridoio sono a dritta
  • Rifiniture degli interni molto belle

Barca Classica Baglietto 18 M in vendita

FLYING BRIDGE

  • Il flying bridge è molto corto, mentre il pozzetto è ampio dotato di due gruette alle per una scialuppa di legno

DATI DI TARGA

  • Cantiere: Baglietto Modello: 18 Fly
  • Tipo: Flying bridge
  • Categoria navigazione: Senza alcun limite dalla costa
  • Anno di costruzione: 1975 
  • Prima immatricolaz: 1975
  • Lunghezza: 17.70 m
  • Larghezza: 4.00 m
  • Materiali costruzione scafo: legno
  • Materiali sovrastruttura: legno
  • Materiali Coperta: teak
  • Servizi: 3 + Eq. con doccie
  • Cabine: 4 + Eq.

MOTORI

Barca Classica Baglietto 18 M in vendita

  • Tipo Mot.: MAN entrobordo diesel
  • Potenza: 2 x 820 HP
  • Velocità di crociera e massima contenute, può affrontare mari avversi se ben tenuta
  • Velocità massima: oltre 25 nodi
  • Anno costr. mot.: 2007

GENERATORI

Barca Classica Baglietto 18 M in vendita

  • 1 x 8 Kw Onan
  • 1 x 3,5 Kw Mase

IMPIANTO ELETTRICO

  • 12-24-220 V

ABITABILITA’ DI BORDO

  • Posti Letto Cabine: 8
  • Posti Letto Salone: 0
  • Posti Letto Totali:  8
  • Posti Letto Equip.: 2

Tipologia cabine

Barca Classica Baglietto 18 M in vendita

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  • Matrimoniale italiana: 1
  • Doppi a letti incrociati: 3
  • Toilette Equipaggio: 1
  • Cabina Equipaggio: 1
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Barca Classica Baglietto in vendita

Strumentazione elettronica di navigazione

  • Antenna radar: 2
  • Plotter: con antenna GPS
  • Radar (SI 2): 2
  • Radio VHF (SI 2): 2
  • Comando motori: elettronico
  • Contamiglia (SI)
  • Ecoscandaglio
  • Interfono
  • Log
  • Pilota automatico
  • SSB
  • Telefono

Allestimento tecnico di coperta

  • Autoclave: 2
  • Caricabatterie: 2
  • Porta laterale: 2
  • Scaletta da bagno: 2
  • Pompa di sentina automatica: 7
  • Allarme Motore
  • Allarme sentina
  • Ancora
  • Batterie
  • Camminamenti laterali in teak
  • Doccia esterna
  • Elica di prua
  • Bow thruster
  • Faro orientabile
  • Flap idraulici
  • Gruette per tender sul fly
  • Impianto antincendio
  • Motore ausiliaro
  • Passerella
  • Pozzetto in teak
  • Presa 220 V banchina
  • Raddrizzatore
  • Salpa ancora elettrico
  • Scala reale
  • Pozzetto
  • Tender Gommorizzo 4 mt
  • Winch tonneggio di poppa

Dotazioni domestiche di bordo

  • Boiler: 2
  • Aria condizionata
  • Impianto acque nere
  • Prese interne 12V
  • Prese interne 220 V
  • Riscaldamento (Clima)
  • WC marino elettrico

Dotazioni sicurezza

  • Dotazioni sicurezza entro 50 M

Trattenimento

  • DVD
  • Impianto TV
  • Stereo
  • TV

Cucina elettrodomestici

  • Congelatori: 2
  • Frigoriferi interni: 3
  • Cucina
  • Forno
  • ICE Meker

Tappezzerie

  • Cuscineria di prua
  • Cuscineria fly
  • Teli coprifinestra
  • Telo copriconsolle
  • Telo coprisedile

E’ un esemplare tenuto molto bene e curato nei minimi particolari!

Per contatti: 337 88 6571

Visibile: Sicilia
Prezzo: 220.000.00 € IVA iclusa

 

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Restauro: Italcraft X33 indimenticabile barca classica!! (ultima puntata)

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In questa seconda ed ultima puntata Vi mostriamo l’X33 “GIOIA” di nuovo in mare dopo un periodo di sosta in cantiere, dove sono state risanate tutte le sue criticità su cui si doveva intervenire, per fare in modo che la barca potesse ritornare a navigare in sicurezza.

Devo dire che le foto della barca ormeggiata suscitano in me una certa emozione perché mi riportano alla mente gli anni ’70 in cui queste barche classiche erano in voga ed i ricordi sono tantissimi…

Il fascino di una barca di legno: X33 Italcraft

Comunque sia, il fascino di una barca di legno è assolutamente incomparabile con quello delle barche odierne che, se pure costruite con materiali evoluti e di nuova concezione, sono comunque barche “senza anima” perchè nascono da una formula chimica e non da un componente naturale della nostra terra: Il magnifico legno dalle tante essenze di cui alcune specifiche e raffinate per le barche di legno…

Spero riuscirete a perdonare queste mie elucubrazioni rivolte alle barche in legno di una volta o se volete alle barche del passato. Esse hanno un’anima che quelle di oggi, se pur tecnologicamente più avanzate, non riusciranno mai ad eguagliare oppure a migliorare.

Giusto per fare un esempio empirico, ma attuale, basta guardare le donne di oggi che ormai sono tutte sintetiche e artefatte con botulino e silicone a go go. Esse sono spesso molto appariscenti, ma nella stragrande maggioranza dei casi si vedono facce deturpate e bocche gonfiate fino all’inverosimile, tanto da farle assomigliare a delle maschere di carnevale… Ebbene, questo è un esempio del mondo attuale e del così detto progresso – business.. Credo invece che una donna possa ricorrere a tecniche correttive per migliorare il suo aspetto e per combattere l’invecchiamento dovuto all’età, ma tutto questo deve essere fatto con correzioni minime e non con travisazioni dell’espressione naturale di donne ed uomini che ricorrono a questa nuova tecnologia finalizzata all’apparire.. Insomma, tutto quello che viene fatto con competenza e garbo, nonché rispettando la bellezza naturale delle persone ben venga.. Tutto il resto è orribile mistificazione della tecnologia messa in mani incompetenti  e spesso disoneste, finalizzate al profitto a tutti i costi.

Tornando alle barche attuali, si nota una ricerca molto spienta di interni certamente meglio utilizzati sfruttando al massimo gli spazi che affidati ad architetti navali, ne ricavano interni di gran lusso ecc.. Purtroppo tutto questo non ha nulla a che vedere con una vera imbarcazione, in quanto gli architetti attuali mancano di cultura del mare e le università di questo paese sono totalmente chiuse e non attingono nulla dalla cultura marinaresca dei mastri d’ascia di una volta, allontanandosi dalla storia e dalla vera cultura marinaresca, privileggiando l’uso della progettazione informatica di cui non si può fare a meno e mi domando e dico, le barche bellissime di una volta erano costruite, pensate e progettate da ingegnieri ed architetti con i giusti cabasisis.. un’altra scuola, un’altra cultura, un’altra preparazione..

Ovviamente, tanti non si troveranno d’accordo con me e rispetto il pensiero di tutti ci mancherebbe, sono una persona semplice ed umile che esprime le proprie impressioni, convinzioni ecc.. in merito alle belle barche di una volta a cui sono legato per i motivi che attraverso le pagine di AltoMareBlu ho spesso descritto e che hanno ricevuto  apprezzabili consensi. Sia chiaro che il mio obiettivo non è la riscossione dei consensi, ma vedere se ci sono persono che la pensano come me e ne ho trovate e posso dire di non essere il solo che la pensa in tal modo e questo mi fa piacere. Poi ogniuno fa come crede, ci mancherebbe…

Comunque ci tengo molto a complimentarmi con l’armatore e con colui che ha curato il restauro di questa indimenticabile barca progettata e costruita dal noto cantiere Italcraft, sezione barche in legno, che si trovava a Bracciano in provincia di Roma e che all’epoca di riferimento aveva un ricco catalogo di modelli in vendita, molto apprezzati come il Sarima nelle varie versioni, l’X 25 nelle varie versioni, l’X44 Ambassador, l’X44 – F.B.S.S., il Mini Drago ed il Drago, entrambi progetti Levi ecc..

Prossimamente dedicheremo un articolo a tutta la produzione Italcraft degli anni ’70, certi di fare cosa gradita agli appassionati di questa tipologia di barche che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della motonautica italiana.

Italcraft X33 indimenticabile barca classica Italcraft X33 indimenticabile barca classica

PAIOLO FLY

Bellissimo il restauro del fly in cui è esaltato dal bianco della sua murata e dal colore del teak del capo di banda e del colore del teak del paiolato che si nota trattato con opportuni olii, acquistando un aspetto ed un tocco vellutato al suo tatto. Bella anche la ruota del timone del fly realizzata con un volante auto a tre razze in alluminio e in pelle, come andava molto di moda negli anni ’70.

Mi permetto di ricordare a tutti coloro che hanno barche con i paiolati in teak naturale o iroko, di non irrorarli mai con acqua dolce, ma sempre con acqua di mare. Si garantisce così lunga vita, in quanto l’acqua di mare non contiene calcio, invece presente nell’acqua dolce che evaporando corrode il pregiato legno… che ricordo va ripetutamente trattato con gli opportuni olii tra cui mi piace quello di jojoba, ricordandovi di usare sempre prodotti affidabili di ditte che sono affidabili e da decenni propongono prodotti eccellenti che quando utilizzati, danno risultati eccellenti.

Italcraft X33 indimenticabile barca classica Italcraft X33 indimenticabile barca classica Italcraft X33 indimenticabile barca classica

PONTI – POZZETTO – PASSO D’UOMO

Moderno il passo d’uomo, ma semplice, ottima scelta in quanto ben integrato con il teak del ponte. Stona un poco la passerella che data l’età della barca doveva essere tutta in legno, così come la plancetta di poppa con il tubolare di acciaio inox. Mi scuso con l’armatore e so bene che sono un rompiscatole, ma giusto per capirci e semplificando, non penso che su una autovettura sportiva d’epoca ci mettereste al posto dei suoi specchietti originali una coppia di specchietti moderni in materiale sintetico, se pur di disegno pertinente al modello di auto. Sarebbe un pugno nell’occhio. Una plancetta di poppa con la parte centrale in carabottino in teak, non è difficile realizzarla con un contorno in mogano scuro… giusto per fare un esempio.

Restauro: Italcraft X33 Restauro: Italcraft X33 Restauro: Italcraft X33 Restauro: Italcraft X33

POSTO DI COMANDO – STRUMENTAZIONE DI NAVIGAZIONE

Sia il posto di comando interno e del resto degli impianti di bordo è stata restaurata correttamente, anzi apprezzo molto la radica utilizzata per il quadro elettrico generale e per il quadro strumentazione di controllo motori. Guardando gli interni di questa barca sembra trovarsi in altra epoca e quando si ha una sensazione simile su di una barca storica come l’X 33, vuol dire che il restauro è stato eseguito correttamente, rispettando l’originalità della disposizione della barca, così come fu progettata e posta in vendita dalla Italcraft. Le “cattiverie” che ho detto sono comunque piccole sciocchezze a cui si rimedia con faciltà… bene la strumentazione per la navigazione che è ancora quella dellepoca di riferimento della barca ed anche ben conservata.

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Ci tengo a sottolineare che mi è piaciuto molto il paiolato  delle cabine realizzato con il comento in acero bianco e che ben si raccorda con i cassetti  e sportelli in mogano dei letti a V della cabina armatoriale. Pratico, anche se non molto funzionale il lavandino a scomparsa posto nella cabina ospiti.

Bene tutto il resto e lascio a voi lettori esprimere le Vostre impressioni su questo restauro, per cui Vi invito a contatatrci sia qui su AMB o sulla nostra pagina di facebook e dire la Vostra.

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bene anche il vano WC e lavandino, oltre al vano riservato per il cucinino!

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Crediti: Ringraziamo il signor Roberto Grosso e l’armatore della barca per il materiale fotografico messo a disposizione per la realizzazione di questo articolo!

 

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Ghibli 35′ Chicco – Cantiere F. Gallinari in vendita

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barca classica Ghibli

Il barca classica Ghibli in una foto di alcuni anni fa prima del varo

DATI DI TARGA

  • Lung. max.: 10,59 m
  • Largh. max.: 3,29 m
  • Anno di costruzione: 1977
  • Cantiere: Gallinari Federico – Anzio
  • materiale costruzione: legno
  • Motori: Entrobordo diesel AIFO – OMC P3.MS – potenza max. – 2 x 220 HP a 2500 giri
  • Anno costruzione motori: 1977
  • Velocità massima: 33 nodi
  • Serbatoio nafta: unico da circa 1000 litri
  • Numero masso persone trasportabili: 8 (otto)
  • Serbatoio acqua: 180 litri
  • Barca immatricolata: Registri di Anzio

DOTAZIONI DI BORDO

  • Gruette in acciaio inox
  • Tientibene in acciao inox
  • Impianto elettrico: a 12 e 24 volt
  • Flap per controllo assetto di navigazione
  • Strumentazione controllo motori: VDO
  • Stazione fissa VHF – 25 Watt: SBE modello Del Mar 225
  • Radiotelefono  banda CB Midland 79 – 892
  • Ecoscandaglio: Ray – Jefferson
  • Impianto audio amplificato
  • Bussola Riviera hi-speed
  • Verriciello salpa ancora. Condor 1000 watt
  • Frigorifero: elettrico 42 litri

DESCRIZIONE

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NOTE

La barca necessita di una ristrutturazione totale, insieme ai suoi motori originali che sono stati sbarcati e nonostante i 40 anni di età sono stati utilizzati poco.

L’armatore riferisce che si tratta di una bella realizzazione semi-sportive dell’epoca, tanto che il giorno del varo, un giornale locale di Anzio la ribattezzò in un articolo “la Ferrari del mare” per la sua linea accattivante e aerodinamica.

PREZZO: 10.000 €

PER CONTATTI: Claudio – 3927535437

 

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Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita

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Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita

Negli anni 1970 – 1980 la Guardia di Finanza utilizzò i Baglietto 20m “Classe Meattini” per il contrasto al rilevante fenomeno del contrabbando di “bionde” sia nel napoletano che successivamente in Puglia.

Queste splendide unità navali costruite dall’importante, lodevole ed irripetibile Cantiere Baglietto di Varazze hanno solcato i mari italiani comandate da Sottufficiali del Corpo e mantenute efficienti grazie alla perizia di equipaggi altamente specializzati. Esse furono impiegate per lo svolgimento dei compiti Istituzionali della Guardia di Finanza.

Di seguito il ricordo dei nominativi delle unità citate:

Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita

G 10 MEATTINI  – G 11 AMICI – G 12 DI BARTOLO – G 13 R.D.36 – G 14 GORI – G 15 RAMACI – G 16 DENARO – G 17 BAMBACE — G 18 ARCIONI – G 19 STERI – G 20 COTUGNO – G 21 MANONI – G 22 GIANNOTTI – G 23 CARRUBA – G 24 GULIELMI G 25 SALONE – G 26 ESPOSITO – G 27 RUSSO – G 28 RUVIANI – G 29 RANDO – G 30 CICALESE – G 31 DI SESSA G 32 COPPOLA – G 33 RIZZI – G 34 D’ALEO – G 35 BACCILE – G 36 CAVATORTO – G 37 FUSCO – G 38 DE TURRIS G 39 CHIARAMIDA – G 40 CAVALIERI D’ORO – G 41 BIANCA – G 42 NUVOLETTA – G 43 PREITE – G 44 MAZZEO G 45 PREVITI – G 46 SILANUS – G 47 IGNESTI – G 48 BARRECA – G 49 CIRAULO – G 50 D’AGOSTINO – G 51 FIORE – G 52 NUZIALE – G 53 TAVANO – G 54 DE ALEXANDRIS – G 55 STEFANINI – G 56 TRIDENTI – G 57 FAZIO – G 58 ATZEI – G 59 CICALE’ – G 60 FIDONE – G 61 SGUAZZIN – G 62 TAVORMINA – G 63 COLOMBINA – G 64 DARIDA – G 65 PIZZIGHELLA – G 66 SCIUTO.

Successivamente dopo oltre trenta anni di servizio, tutte queste unità furono dismesse e cedute a privati con i soliti criteri degli enti dello stato e fra esse la G 42 NUVOLETTA è stata acquistata da un privato che, partendo da un

Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita

progetto di base validissimo, l’ha modificata realizzando l’unità che potete vedere nelle foto di seguito pubblicate, eseguendo una trasformazione ed una ristrutturazione radicale.

Barca classica Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita

F
Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita Baglietto Nuvoletta 20 m in vendita

Baglietto Nuvoletta in vendita

DATI DI TARGA

  • Costruttore: Cantiere Baglietto Varazze
  • Imbarcazione: diporto
  • Omologazione: 57 passeggeri
  • Navigazione: senza limiti dalla costa
  • Lungh. f.t.: 22,50 m
  • Largh. max.: 5,20 metri
  • Pescaggio massimo: 1,80 metri
Baglietto Nuvoletta in vendita Baglietto Nuvoletta in vendita Baglietto Nuvoletta in vendita Baglietto Nuvoletta in vendita
Baglietto Nuvoletta in vendita Baglietto Nuvoletta in vendita Baglietto Nuvoletta in vendita Baglietto Nuvoletta in vendita

Baglietto Nuvoletta in vendita

MOTORI

  • Marca motorI: MAN
  • Numero motori: 2
  • Potenza totale: 2 x 680 HP
  • Potenza totale: 1360 HP
  • Modello motori: 8 cilindri
  • Carburante: Gasolio
  • Ore di moto dei motori: 1800 per entrambi

VELOCITA’

  • Velocità max: 17 nodi
  • Velocità di crociera: 14 nodi
  • Consumo minimo: 50 litri/ora a 10 nodi
  • Autonomia: 1500 miglia a 10 nodi
  • Serbatoi carburante: 4 per un totale di 7.700 litri in acciaio inox
  • Serbatoi acqua dolce: 2 per un totale di 1.300 litri in acciaio inox

CABINE

  • Cabine: 4 per un totale di 10 posti letto con servizi propri (wc e doccia)
  • Paiolato: in teak nuovo (2009)

PASSEGGERI TRASPORTABILI

  • N° posti: 57 con servizi in coperta completi di docce e WC più una doccia esterna a poppa
    totale doccie: tre sottocoperta, due in coperta, una a poppa esterna
  • Locali WC: 5 elettrici ad acqua dolce TECMA (2002-2004): tre sottocoperta e due in coperta

ATTREZZATURE DI CUCINA

  • Frigoriferi: 2 LIEBERR (grande capacità)
  • Cucina: con piastre elettriche e forno
  • Fuoco: a gas
  • Lavastoviglie: 1
  • Forno microonde: 1
  • Congelatore: 1
  • dotazioni: varie per cucina

STRUMENTAZIONE ELETTRONICA

  • Carica batterie elettronici: 2
  • Manette: elettroniche motori in timoneria più postazione esterna
  • Radar: FURUNO miglia 72
  • Plotter
  • Interfono
  • Ecoscandaglio professionale: FURUNO con sonde HF e LF
  • Telecamere: due laterali più una di poppa
  • Stazione del vento
  • Faro orientabile
  • Impianto stereo
  • Antenna satellitare: nuova 2014
  • TV: 32 pollici

IMPIANTO ELETTRICO – ACCESSORI ELETTRICI DI BORDO

  • Generatore: KHOLER da 15 KW, nuovo del 2002
  • Eliche di manovra: a prua e poppa
  • Autoclavi: 2 a 220 e 24 volt
  • Pompe di sentina automatiche: 5 da 24 volt
  • Pompa di sentina manuale: 220 volt
  • Flaps: idraulici grandi dimensioni a quattro martinetti, revisione 12 / 2015
  • Vasca acque nere: 1
  • Vasche acque bianche: 2

PONTE

Baglietto Nuvoletta in vendita

  • Passerella: idraulica con radiocomando BESENZONI
  • Argani di ormeggio a poppa: 2
  • Argano di ormeggio a prua: 1
  • Gruppi aria condizionata giorno/notte: 2
  • Tender: a chiglia rigida NOVAMARINE RH 360 anno 2004, motore YAMAHA 25 HP
  • Coperta: in teak sintetico , anno 2009
  • Salpa ancora: con 110 metri di catena , nuova del 2014
  • Ancora: in acciaio inox
  • Tendalini di chiusura: nuovi del 2014
  • Webasto (ad aria calda) per riscaldamento a poppa, nuovo del 2006
  • Sedie, tavoli, arredo vario nuovi

FLY

  • Fly: molto spazioso con timoneria chiusa verso prua

DOTAZIONI DI SICUREZZA

  • Impianto antincendio fisso a CO2, bombole nuove 2015
  • Estintori portatili a norme in tutti i locali
  • Zattera per 12 persone+ 57 giubbotti salvagente

ALTRE INFORMAZIONI

  • Imbarcazione ex militare (rimasto solo lo scafo) con sovrastrutture e modifiche apportate dal 2002 al 2004,
    sovrastrutture parzialmente in VTR
  • Impianti elettrici, idrici, sanitari, nuovi 2002 – 2004
  • Sostituzione prese a mare 12 / 2015
  • Scafo in doppio fasciame di mogano (a legno 12/2015 con tutti i trattamenti successivi), robustissimo sia in opera viva che in opera morta (antiproiettile)
  • Imbarcazione usata in locazione dal 2004 al 2009 (genericamente mesi luglio e agosto), dal 2009 ad oggi solo
    mantenuta
  • Le foto pubblicate non sono completamente esaustive in quanto ci sono state delle modifiche migliorative che possono essere visionate in loco
  • DOCUMENTI NAVIGAZIONE: in ordine – unità iscritta presso ufficio Mar. Lignano Sabbia d’Oro
  • CERTIFICATO DI SICUREZZA: scadenza: 27/10/2021
  • RICHIESTA ECONOMICA: € 125.000,00+IVA
  • BARCA VISIBILE A: Marina di NOVIGRAD (CITTANOVA) IN CROAZIA
  • PER CONTATTI: Sig. Buora +39 338 71 28 683 per informazioni ed eventuali appuntamenti
  • Il NUVOLETTA M/Y è in perfetta efficienza!!

 

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Sarima Blue Scar – una incredibile passione di famiglia – ultima puntata

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Restauro barca classica nel LUGLIO 2009

Si procede con la sostituzione della coppia di Aifo con una coppia motori Volvo Penta 200 TD, al fine di raggiungere migliori prestazioni con motori diesel. Tuttavia, devo sollevare una titata di orecchie a chi ha suggerito questa istallazione su questo tipo di barca, poichè i motori 200 TD Volvo Penta sono pesanti e se teniamo conto anche della lunghezza contenuta della barca, il risultato è purtroppo una notevole concentrazione di peso verso poppa che genera una variazione non solo del baricentro della medesima, ma anche del centro idrostatico di galleggiamento.

Inoltre tale assetto appoppato si accentua di più aumentando la presenza a bordo di più persone con le conseguenze di una navigazione che possiamo immaginare.

Restauro barca classica Sarma Blue Star

Nuovi restauri alla barca nell’AGOSTO 2009

Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star

Notare l’assetto in planata eccessivamente appoppato…

Restauro barca e installazione dei motori FEBBRAIO 2010

A febbraio 2010, dopo una giusta meditazione è arrivato il momento di montare i nuovi motori di origine VolksWagen che si sono poi mostrati essere la scelta più azzeccata.

Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star

Istallazione dei nuovi Motori TDI 165 -5N con piedi poppieri Mercruiser Bravo III

DATI DI TARGA GRUPPO PROPULSORE E PIEDI

  • Motori: 2 Volswagen 165 – 5N
  • Potenza: 2 x 165 CV
  • Piedi: Mercruiser Bravo III
  • Rapporto di riduzione:   2:1
  • Campane: Mercruiser Transom OW-405799 dx  –  OW405762 sx
  • Eliche duoprop a tre pale: Mercury Bravo Threee LH-LR 48-823663; 48-823664 passo 22
  • Interasse centri eliche: 76 cm
  • Ve3locità massima: 35 nodi a 4000 giri
  • Consumi gasolio alla massima velocità: 33 litri /ora a motore
  • Consumi di gasolio ad una velocità di crociera di 20 nodi: 14,5 litri/ora a motore
  • Filtri decantatori gasolio: due Racor con allarmi in plancia
  • Batterie avviamento: 2 x 120 A 
  • Batterie servizi: 2 x 80 A
  • Caricabatterie elettronico con carica in tampone: 35 Amp. –  Mod. 12/35-3

La scelta di montare questi motori con le trasmissioni Mercruiser Bravo 3 duo prop è stata azzeccatisima e le prestazioni sono elevate con velocità di punta superiore ai 33 nodi!!

Restauro barca classica Sarma Blue Star

Una signora del mare – AGOSTO 2010

Con i nuovi motori Volkswaghen istallati l’assetto della barca risulta ottimale.

Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star

Agosto 2010

Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star
Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star
Restauro barca classica Sarma Blue Star Restauro barca classica Sarma Blue Star

Questa barca è stata veramente fortunata e nel suo iter di vita è finita nelle mani si due fratelli che l’anno curata e continuano a curarla in modo attento e competente. Si conclude qui la storia di questo modello di Sarima Special… “Blue Scar”: Una incredibile passione di famiglia…

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Dual Craft – Levi “Sportfisherman” one off – Polipetto

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RENATO “SONNY” LEVI NON FINISCE MAI DI STUPIRCI

Recentemente ci ha scritto Piergiorgio, un appassionato di carene Levi, raccontandoci la storia di una barca che l’ing. Renato “Sonny” Levi aveva progettato per il Cantiere Dual Craft, ma che nello specifico l’aveva fatta costruire con una disposizione del pozzetto ed interni secondo le sue richieste… ma leggete l’incredibile storia.

L’ing. Levi alla fine degli anni ’80 viveva a Milano perchè stava progettando e realizzando i gruppi poppieri LDU, mentre il Piergiorgio era un conoscente di chi lo stava aiutando. Fu così che Piergiorgio ebbe modo di esporre a Levi che tipo di barca avrebbe voluto costruire, descrivendo il suo progetto in maniera del tutto amichevole. Lo misi anche al corrente delle mie disponibilità economiche. Levi considerando tutti gli elementi forniti dal signor Piergiorgio gli disse: hai le idee molto chiare, ma per rimanere nel tuo budget ti consiglio di comprare il guscio di una barca che ho progettato recentemente per il cantiere Dual Craft. la 10,70 SF. Inoltre, per economizzare rimanendo nelle tue disponibilità, ti disegnerò il layout della barca. Non seguirò i lavori e ti devi cerare un piccolo cantiere per assemblare i due gusci e per dar vita alla tua idea… E così fu…

Il sig. Rosa della Dual Craft per costruire il guscio della barca pretese di fare il “general contractor” affidando Piergiorgio ad un uomo di grande valore, tale capitano Vitiello di Genova. Fu così che in un capannone adiacente i Cantieri Baglietto, con alcune maestranze del medesimo cantiere, fu costruita la barca- desiderio dei sogni di Piergiorgio ed a cui diede il nominativo di “Polipetto”.
A dimostrazione di quanto espresso da Piergiorgio, ci ha fornito le copie del Layout originale della barca realizzato da Levi e che potete vedere nelle due foto di seguito pubblicate.

 

DATI DI TARGA DUAL CRAFT “SPORTFISHERMAN 10,70

  • Lunghezza f.t.: 10,70 m
  • Larghezza max: 3,46
  • Diedro allo specchio di poppa: 22°
  • Motori: 2 x 235 HP Volvo Penta
  • Trasmissioni: Volvo Penta Duo Prop
  • Velocità max: 30 nodi
  • Velocità di crociera: 25 nodi

Renato “Sonny” Levi, che ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere tramite un altra leggenda del giornalismo nautico di gran valore, Antonio Soccol https://vimeo.com/44105470 realizzò nuove tecniche costruttive, avveniristiche per gli anni sessanta e per la tecnologia di quei tempi.

Sempre da grande starter quale lui fu, in India iniziò le prime esperienze con le carene a V profondo, ma la svolta determinante fu nel 1961 con il suo trasferimento in Italia e la sua partecipazione al cantiere Navaltecnica di Anzio dove progettò e fece costruire la leggendaria “A Speranziella”, che condusse personalmente alla vittoria nella Cowes – Torquay del 1963.

Nel 1965 “Sonny” Levi si rese indipendente dal cantiere romano e iniziò la sua attività come libero professionista e consulente di un gran numero di cantieri in tutto il mondo, per i quali ha progettato barche da corsa, da diporto e da lavoro in legno, ferro, alluminio, vetroresina, gomma e persino, in acciaio inox. In questa ottica lavorativa “offshore” di Renato “Sonny” Levi, con il suo vagabondare nel mondo dei cantieri più o meno famosi della nautica internazionale, ha creato questo Sportfisherman “one-off”partendo da una sua eccellente carena, quella del Dual Craft, che è un open con cabina sottoponte da 36 piedi circa di lunghezza f.t..

 

Da dire che inizialmente il Dual Craft 10,70 SF nasceva con le trasmissioni LDU progettate da Levi, ma nel caso specifico e su richiesta del signor Piergiorgio, furono montati due motori Volvo Penta da 2 x 235 HP con trasmissioni duoprop, sempre della Volvo Penta, per una velocità max di 30 knt e 25 knt di crociera.

  

Da notare che tutto il rivestimento interno al pozzetto ecc. è stato realizzato in teak che ha un colore ed una finezza allo sguardo ed al tatto certamente piacevole.

Concludendo, a detta del signor Piergiorgio, ha ricevuto diverse offerte per vendere la sua barca da persone appassionate di carene Levi e comunque di intenditori che hanno valutato questa one-off di Levi molto bella ed interessante.

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Karama: lo yacht del Comandante Achille Lauro distrutto da un ignorante!!

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Nave a vela Karama

Il 20/09/2008 AltoMareBlu pubblicò un articolo in cui Attilio Tolomeo descriveva ai lettori di AltoMareBlu della storia di una nave a vela chiamata Karama ed armata a ketch, con due alberi e bompresso, costruita da Fonderia di Marghera nel 1941, di cui potete leggere al seguente link: Karama

Tuttavia, abbiamo una testimonianza di un cittadino statunitense di Atlanta, “Steve Thornton” che, trovandosi in loco per altri motivi vide il Karama che giaceva a Salerno nell’area di quelli che furono i cantieri Gatto e lascio a lui la descrizione di quell’evento:

In un cantiere navale di Salerno, in Italia sul Mar Mediterraneo, riposa la triste bellezza di un motorsailer abbandonato chiamato “Karama YCI”.

Le foto di seguito pubblicate le ho scattate in due giorni diversi. Sono salito su un autobus a Maiori, in Italia, in Costiera Amalfitana per incontrare il mio socio in affari a Salerno. Appena giunto nei confini della città di Salerno ho visto attraverso il finestrino questa vecchia. Sceso dall’autobus presi un’auto a noleggio per andare ad una riunione di lavoro.

Al ritorno, prima di andare in albergo, anche se ormai era tardi e la luce ormai poca, entrai nel porto andando con l’auto fino ad un cancello che sembrava chiuso. Sceso dall’auto mi avvicinai al cancello e mi accorsi che non era chiuso. Lo aprii liberando la catena, riuscendo ad arrivare con l’auto vicino alla barca.

Sceso in fretta fuori dall’auto ho sparato furiosamente più di 100 scatti in dieci minuti. Ad un certo punto fui costretto a fermarmi perché la luce ormai era sparita. Sono andato via richiudendo il cancello, riavvolgendo la catena e ponendo il catenaccio allo stesso modo in cui l’avevo trovato.

Karama - foto Copyright Steve Thornton

Sono ritornato da Salerno, proveniente da Maiori, due giorni dopo di mattina ed ho sparato più di trecento scatti in circa venticinque minuti.

Karama - foto Copyright Steve Thornton

La stringa che si vede sospesa in alcune foto è calafataggio tradizionale. Per realizzare i comenti tra le tavole di fasciame in legno venivano utilizzati fibre di cotone e oakum, ovvero fibra di canapa imbevuta di catrame.

Queste fibre inserite nella giuntura a forma di cuneo tra le assi con una mazza per calafataggio e con un ampio strumento a forma di scalpello. Il calafataggio veniva poi ricoperto con uno stucco in caso di giunzioni dello scafo. Nelle cuciture del ponte si utilizzava pece di pino fuso.

Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton
Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton
Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton
Karama Karama - foto Copyright Steve Thornton
Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton

Le 4 mappe satellitari qui sotto mostrano dove si trovava la barca e la nuova costruzione.

Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton Karama - foto Copyright Steve Thornton

Dopo aver cercato notizie su Google del Karama, ho trovato l’articolo di Altomareblu di cui al link indicato all’inizio di questo articolo.

  • Limited Copyright Release and Limited Usage License – August 22, 2018
  • This document covers All images
  • The images stated above are Copyright Steve Thornton and are never sold.
  • This License provides for Giacomo Vitale only, to use any or all of the above mentioned photographs
  • On the webpage “AltoMareBlu”, only
  • No other use is permitted without express written consent from the copyright holder, Steve Thornton
  • This license is not transferable and may not be assigned to any third party without express written consent from the copyright holder, Steve Thornton.

All images are Copyright Steve Thornton – ALL RIGHTS RESERVED.
Unauthorized use will result in legal action.

Steve Thornton
Atlanta, GA USA
1-404-231-9900
http://www.stevethornton.com

Crediti: AltoMareBlu ringrazia in modo speciale “Steve Thornton” per averci consentito di pubblicare le foto del Karama in esclusiva, affinché non venga dimenticata e che chiunque vorrà, potrà sempre rivedere qui su AltoMareBlu.

Si segnala ai nostri lettori che le foto di Karama sono tutte protette da Copyright e non possono essere riprodotte o usate senza autorizzazione dell’autore.

 

 

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Modellismo Alex Skerlj: Optimist – progetto Clark W. “Clarchie” Mills

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Alex Skerlji ha appena terminato di costruire un bel modellino della più piccola imbarcazione a vela del mondo,  progettata dallo statunitense Clark W. “Clarchie” Mills, i cui disegni e la breve storia tratti dalla rivista nautica “Bolina” n. 184 – febbraio 2002 e che riproduciamo di seguito per consentire ad altri appassionati di modellismo navale o comunque a chi vuole costruire la piccola imbarcazione in grandezza reale, per navigarci realmente.

Optimist – progetto Clark W. “Clarchie” Mills

piccola imbarcazione a vela: Optimist piccola imbarcazione a vela: Optimist
piccola imbarcazione a vela: Optimist piccola imbarcazione a vela: Optimist

STORIA dell’Optimist

Nel 1947 l’Optimist Club of America, istituto di beneficenza, chiese a Clark W. “Cliarlie” Mills di disegnare  una barca per bambini che si potesse realizzare con una spesa massima di 50 dollari. L’idea di questa originale deriva dalla prua tronca soggiunse nella mente di Mills pensando ad una piccola imbarcazione denominata Sharpie, dalla carena piatta, utilizzata nelle aree marine sottocosta.

Realizzati i disegni costruttivi dell’Optimist , li donò all’istituto di beneficenza, nella speranza che il suo Dinghi sarebbe stato disponibile per i bambini, inclusi quelli che sicuramente non ne avrebbero avuto mai la possibilità di acquistarne uno. Fu così che il costo contenuto e la semplicità con cui si costruiva consentirono una grande diffusione nel mondo di oltre 500.000 unità, specialmente in quelle aree marine dove la vela è spesso la prima grande passione di tanti cittadini che vivono in prossimità del mare.

Tutto questo rappresentò un successo strepitoso per l’ideatore di questo progetto e l’Optimist era una barca che navigava bene, molto marina e la sua semplicità di utilizzo agevolava ed appassionava i moltissimi bambini alla vela e sentendosi sicuri, riuscivano benissimo a navigare da soli.

L’Optimist, scafo a fondo piatto armato a cat, raggiunse un notevole successo anche fuori dagli USA, divenendo nel 1973 “Serie Internazionale”. Lo scafo dal caratteristico fondo piatto, armato a cat, ottenne presto un notevole successo anche fuori dagli Stati Uniti, tanto da divenire nel 1973 “Serie Internazionale”.

E’ stato calcolato che nel mondo ne sono stati realizzati almeno 500.000 esemplari. Un successo strepitoso!! Il progettista Clark Mills è scomparso l’11 Dicembre 2001 in Florida.

Al seguente link trovate la traduzione della guida si Sandro Baroni:

digilander.libero.it/cvastura/Piani%20Optimist/Optimist.html

Infine, in rete è presente un manuale scritto in inglese e realizzato da un Canadese: Tony Thompson, che ha ottenuto l’approvazione dell’AICO:

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Crediti: Si ringrazia la rivista navale “Bolina” e Sandro Baroni per le notizie tecniche e storiche da cui abbiamo tratto i disegni e le notizie storiche pubblicate nel presente articolo!

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Storebro 34′ Royal Cruiser – Barca classica in vendita a Lignano S. (UD)

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barca classica in vendita

DATI DI TARGA

  • Cantiere: STOREBRO
  • Modello: Royal Cruiser 34′
  • Lungh. f.t.: 10,35 m
  • Larghezza:  3,16 m
  • Anno costruzione: 1968
  • Anno immatricolaz.: 1972
  • Motori: Volvo Penta  Modello AD41P – 2 x 200 HP Diesel – Ore moto 750
  • Consumo a vel. di crociera: 40 litri/ora
  • Trasmissioni: Linee d’assi
  • Velocità Max.: 27 nodi 
  • Velocità: 19 nodi 
  • Scafo: vetroresina
  • Pescaggio carena: 1 metro
  • Coperta: legno – teak 
  • Bandiera: Italiana
  • Scadenza RINA: 2022
  • Tuga: legno di mogano
  • Serbatoio gasolio: 1.000 litri
  • Serbatoio acqua: 400 litri
  • Strumentazione: Bussola, Plotter con antenna GPS (Simrad nuovo)
  • Radio VHF
  • Tensione impianto di bordo: 12V
  • Carica batteria: 220 V monofase
  • Visibile a : LIGNANO S. (Udine)
  • Per contatti: Riccardo – 3483017080

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DESCRIZIONE

Barca Storebro Royal Cruiser IV (Storebro 34) costruzione 1972, completo refitting finito in Ottobre 2018, rimotorizzazione diesel nel 2005 e varo 2008. Scafo in vetroresina fino ai passaggi laterali, sovrastruttura in legno, cabina di poppa con accesso indipendente, salone + bagno + cabina doppia verso prua. Ampio
pozzetto parzialmente coperto da hard top apribile. La motorizzazione diesel linea d’asse è stata eseguita con 2 motori Volvo Penta diesel AD41P nel 2005 e inizio utilizzo nel 2008. I motori oggi hanno 750 ore e sono perfettamente funzionanti e utilizzati ogni settimana.

Dotazioni: Ancora, Batterie, Caricabatterie, gruette per tender, Impianto antincendio, Passerella (manuale), Piattaforma (allungata), Pompa di sentina elettrica, Pompa di sentina manuale, Porta ingresso, Pozzetto Teak, Presa 220V banchina, Salpa Ancore Elettrico, Scaletta da bagno, Tavolo pozzetto, Tientibene con cancelletti, Tromba, Prese interne 12v, Prese interne 220v, WC marino elettrico, 2 Altoparlanti, Digitale Terrestre, DVD, Impianto TV, Stereo, TV, Cucina, Fornello, Frigorifero interno, Cappottina, Cuscineria completa, Cuscineria di poppa, Cuscineria di prua.

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Barca Storebro 34 in vendita

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PREZZO: 90.000 €

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Le barche a motore di una volta – quale acquistare?

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Speranzella Fujiyama 2015

Una splendida immagine dell’eleganza di Speranzella II Serie Cabin Cruiser “Fujiyama”, nata dalla magica matita di un formidabile progettista: Renato “Sonny” Levi

AltoMareBlu è presente da diversi anni sul web ed è seguito da un gran numero di appassionati che hanno sempre apprezzato il nostro modo semplice di comunicare con tutti, rispondendo a domande tecniche di ogni genere e cercando di far capire ai nostri lettori quali le scelte tecniche migliori di progetto di un modello di barca, rispetto ad un altro.

Andando per le vie brevi, le domande spesso ricorrenti sono:

  • Quali sono i tipi di barche e le caratteristiche peculiari di progetto che determinano una carena efficiente di  una barca storica o d’epoca, che diri si voglia, da acquistare e restaurare?
  • Che differenza passa tra legno, VTR o altri materiali di costruzione
  • Dopo aver determinato il tipo di barca da scegliere, prima di acquistarla cosa guardare?
  • L’impianto elettrico
  • Meglio rivolgersi ad tecnico abilitato del settore?

In tutto questo un grande ed indimenticabile maestro è stato il giornalista e nostro direttore Antonio Soccol, nonché pilota offshore e storico della nautica, che ci ha lasciato circa sette anni fa, consegnando ad AltoMareBlu un patrimonio tecnico di suoi articoli scritti benissimo ed in cui spicca sempre una descrizione schietta e sincera di tutto quello che un diportista deve sapere prima di acquistare una barca e poi come mantenerla ecc.. Bellissimo la serie di ventinove puntate intitolate: “la barca non è un’auto” di cui al link “La barca non è una auto” che consiglio ai veri appassionati di leggerli tutti…

Rispondo a tutte le domande elencate e più gettonate dai nostri lettori:

QUALI I TIPI DI BARCHE – LE CARATTERISTICHE PECULIARI DI PROGETTO DETERMINANO  UNA CARENA EFFICIENTE DI UNA BARCA DA DIPORTO STORICA O D’EPOCA DA ACQUISTARE O RESTAURARE?

Di cantieri che hanno costruito barche da diporto su propri progetti sono veramente tanti e sarebbe impossibile citarli tutti, considerando che spesso molte barche non esistendo ormai più, magari perchè avevano dei difetti di progetto e non erano proprio all’altezza della situazione. E sapendo che per mare non ci sono taverne, una carena poco affidabile è sempre meglio metterla da parte.

Prima di ogni cosa si deve capire che tipo di navigazione si vuole fare, il numero di passeggeri da trasportare, la lunghezza e la relativa motorizzazione idonea.

Se per esempio optiamo per una navigazione sottocosta va tenuto presente che esistono, secondo il Codice della Navigazione diversi tipi di navigazione che si possono eseguire con un natante. Ricordo che è natante ogni tipo di imbarcazione galleggiante della lunghezza inferiore ai 10 metri. La distanza dalla costa è determinata da alcuni fattori di progetto ed esse sono:

  • Entro le 3 miglia dalla costa
  • Entro le 6 miglia dalla costa
  • Entro le 12 miglia dalla costa

Nei tre casi elencati valgono le condizioni di sicurezza e le dotazioni previste dal Codice della Navigazione che considero di cui parleremo in un altro articolo.

Per la navigazione entro le 3 – 6 miglia dalla costa sconsiglio di scegliere natanti che abbiano una lunghezza inferiore ai 14 piedi.Mentre la considero ideale la motorizzazione compresa tra i 40 -130 HP, sia fuoribordo che entrobordo, tenendo presente che essa deve rispettare le indicazioni del costruttore dello scafo ai fini della potenza sia minima che massima e che in ogni caso si deve rimanere entro i limiti indicati dal costruttore. Navigare con una potenza del motore troppo piccola o eccessiva si può in ogni caso andare in contro a problemi anche molto seri ai fini della sicurezza e quindi consiglio sempre di attenersi scrupolosamente ai consigli del costruttore.

Infine, per una navigazione compresa entro le 6 miglia dalla costa si può utilizzare anche uno scafo da 18 piedi e con motorizzazione adeguata fino a 130 – 170 HP.

E’ buona norma con natanti del tipo citato di non oltrepassare i cinque passeggeri per i modelli  di lunghezza compresa tra i 14 ed i 16 piedi, mentre per i natanti da 18 piedi di lunghezza si può arrivare a sei passeggeri, incluso  il comandante del natante da diporto.

Mini Drago

CARENA PLANANTE O DISLOCANTE?

Le carene dislocanti molto diffuse sono quelle dei gozzi di legno (preferibili per stabilità e consistenza dello scafo), anche se comportano una manutenzione più attenta, che richiede costi di materiali e manodopera. Tuttavia, i gozzi sono unità dislocanti ed hanno una velocità massima contenuta tra i 7 e 10 nodi massimi. Il che vuol dire una velocità molto bassa che in caso di necessità, per esempio urgenza di di rientrare in porto in gran fretta a causa del forte mare… si può trasformare in pericolo, specialmente se abbiamo passeggeri a bordo.

E’ buona norma quando si esce per mare con natanti a carena dislocante, di farlo sempre con mare calmo e con previsioni di tempo stabile, conteggiando sempre i tempi e le distanza della navigazione eseguita, necessaria per calcolare i tempi necessari per il rientro in porto. Il tutto a beneficio degli eventuali passeggeri ospitati a bordo e per una navigazione sicura. E’ buona norma navigare sempre con l’ausilio di almeno un GPS palmare, in grado di rilevare la posizione istantanea da comunicare alla Guardia Costiera in caso di necessità. Considero anche utilissimo, almeno un VHF portatile a bordo o meglio una stazione fissa. Si ha così in caso di necessità una comunicazione diretta sul canale 16 con la Guardia Costiera, il che costituisce certamente un aumento della sicurezza di navigazione.

Italcraft X 33

Italcraft X 33

Personalmente preferisco le carene a motore plananti a V profondo e diedro allo specchio di poppa non inferiore a 20°, in quanto questo tipo di scafo consente una navigazione efficiente e sicura con ottima direzionalità e taglio dell’oda formata in modo morbido, senza essere soggetti a quegli urti molto duri quando si esce dall’onda e si ricade in mare dopo il decollo… Inoltre, secondo la mia concezione di sicurezza, avere una barca che consente una velocità compresa tra i 35 – 40 nodi, in caso di necessità, costituisce una notevole sicurezza per velocità di intervento. Per esempio, se imperversa un improvviso maltempo, oppure qualche passeggero che sta male ed occorre rientrare velocemente.

Ovviamente la velocità di una barca dipende sempre dalle circostanze e dalla saggezza, oltre che dalla esperienza del suo armatore. Infatti, la velocità risponde sempre a quella equazione verissima che recita: più velocità= più pericolo. E per questo che il buon armatore e marinaio, conoscendo le condizioni generali della sua barca e la sua efficienza, è in grado di stabilire a quale velocità può spingerla senza oltrepassare quei limiti di sicurezza imprescindibili e che tutti quelli che vanno per mare ai comandi di un natante o barca devono conoscere bene!

Sonny Vega 318 RO

Sonny Vega 318 RO

I natanti che erano iscritti nei registri navali e poi sono stati successivamente cancellati, perchè inferiori ai 10 metri di lunghezza f.t., se sulla licenza potevano navigare Senza Limiti dalla costa o entro le 12 miglia dalla costa, da natanti possono arrivare a navigare entro le 12 miglia dalla costa. Le imbarcazioni che avevano indicato sulla licenza di navigazione una distanza dalla costa pari a 6 miglia dalla costa, da natanti una volta cancellate mantengono la stessa distanza dalla costa, ovvero 6 miglia. E’ chiaro che le dotazioni di sicurezza variano a secondo della distanza di navigazione dalla costa e come tale vanno adeguate a quest’ultima.

Sonny Vega 316 Silver Wing

Sonny Vega 316 Silver Wing

DIFFERENZA TRA LEGNO – VTR – ALTRI MATERIALI DI COSTRUZIONE

Le barche costruite in legno hanno per principio una serie di costi impegnativi per lunghezze comprese tra 25 piedi (circa 7 metri) a salire, tenendo presente che l’aumento dei costi sale esponenzialmente al crescere della lunghezza e delle dimensioni della stessa. Esistono diversi criteri di costruzione di una barca in legno, che sia dislocante o planante. La costruzione più diffusa è quella a chiglia, ordinate, correnti paramezzale, bagli, ponti in doghe di teak o iroko ecc.. ma nello stesso tempo è quella più costosa che richiede assolutamente, prima di effettuare una scelta simile, l’intervento di un tecnico abilitato, perito navale o ingegnere navale, magari coadiuvato da un cantiere che esegue restauri di barche in legno.

Tutto questo per sapere bene quali sono le spese da affrontare, magari nemmeno in modo precisissimo, perchè gli esperti di  restauro di tali unità sanno benissimo che le barche in legno possono avere parti nascoste o comunque non ben visibili, che sono da sostituire per poter eseguire un lavoro a regola d’arte e solo con tutte le parti componenti poste a vista si può determinare con la massima precisione i costi di ripristino. E’ buona cosa rivolgersi a tecnici di nota esperienza ed onestà, come dicasi lo stesso per la scelta del cantiere che deve eseguire i lavori di restauro.

Bellissima barca classica Sarima dei cantieri Italcraft di Gaeta: Marlie

Un altro sistema costruttivo di una barca ancora più valido di quello appena descritto, è quello in lamellare di mogano. Si tratta di lamelle in massello di mogano o altre essenze, spesse 6 millimetri cadauna e larghe 60 millimetri, incollate ed incrociate tra loro a 45° e che alla fine portano la carena ad avere uno spessore di circa 24 millimetri, con una robustezza e tenuta meccanica, oltre ad una notevole leggerezza, che nelle costruzioni in legno non ha eguali. Una barca con queste caratteristiche costruttive, se ben tenuta può avere vita anche prossima ai 100 anni.

Se osserviamo le carene Levi attualmente in vita e ben tenute, esse hanno età compresa tra i 46 e 56 anni e navigano in modo eccellente, sicure e morbide sull’onda. Va detto che le costruzioni in lamellare massello di barche i cantieri di una volta le eseguivano su poche barche e tra esse c’erano le carene progettate dall’ing. Renato Sonny Levi, l’arch. Franco Harrauer e qualche altro cantiere noto nel settore della unità da oltre dieci metri di lunghezza. Oggi non esiste quasi più nessun cantiere che costruisce barche in lamellare massello.

Esistono comunque pochissimi cantieri che eseguono restauri e ricostruzioni con questa tecnica costruttiva ed in grado di costruirne una ex novo, ma i costi sarebbero proibitivi… Tutto questo per dire che, nel caso si optasse per acquistare una barca in lamellare di mogano, è importante tener ben presente i costi di manutenzione e gestione della carena e della barca tutta. Dal mio punto di vista le carene in lamellare di mogano sono le migliori al mondo per le elevate caratteristiche meccaniche e di durata a cui resistono egregiamente per lunghissimi anni, se ben curate. Infine, una barca in lamellare di mogano ed essenze pregiate di legno, ha un fascino che non ha nulla a che vedere con quelle costruite in materiali diversi.

Oggi, stanno prendendo molto quota le costruzioni delle carene realizzate in leghe di alluminio speciali ed in grado di resistere benissimo alla corrosione marina. Siamo tuttavia in un campo diverso in cui di barche di questo tipo ne troviamo pochissime in commercio e comunque hanno costi notevoli, visto che realizzazioni simili se ne vedono solo a partire dai 40 piedi ed oltre.

Tra le imbarcazioni in ferro si trovano spesso in vendita vecchi rimorchiatori, anche belli a dire il vero, ma in questo settore si deve procedere con molta cautela e comunque se si ha intenzione di effettuare un acquisto simile è importante rivolgersi ad un ingegnere iscritto all’albo ed esperto di questo tipo di costruzioni navali, evitando così di incappare in errori che potrebbero costare carissimi in fase di restauro.

Le barche in vetroresina devono essere controllate e valutate sempre da un tecnico abilitato del settore o da un titolare di cantiere che abbia le medesime competenze certificate. Si tratta infatti di un settore molto delicato perchè spesso le barche che si vuole acquistare e che piacciono, hanno sul groppone molti anni e sappaimo bene che la loro durata dipende da diverse componenti che vanno dal saperle mantenere effettuando la corretta manutenzione, oltre ai cantieri che le hanno costruite, di cui i tecnici o ingegneri – periti autorizzati, conoscendo i cantieri che le hanno costruite e verificando negli anni le problematiche che alcune di queste carene hanno evidenziato, sono perfettamente a conoscenza del valore concreto di una costruzione eseguita da questo o quel cantiere.

Esiste uno apposito strumento per verificare cosa racchiude in se la vetroresina, specialmente la carena, i ponti e la tuga e che misura l’umidità relativa trattenuta all’interno della vetroresina stessa, evidenziando il suo stato effettivo. Sappiamo benissimo che la vetroresina può lesionarsi sul gel coat per cause meccaniche dovute ad urti  e generare le così dette fratture a polipo attraverso le quali filtra acqua di mare o dolce se in coperta, che entrando all’interno della vtr produce danni spesso gravi ed irreversibili se non si interviene prontamente, generando aumento di peso e trattenimento di acqua, umidità ecc. che determinano un processo irreversibile di marcescenza che obbligano alla demolizione della parte malata e la ricostruzione eseguita a regola d’arte.

Tuttavia, se non si tratta di una barca che ha valore storico di un cero interesse e valutando bene se il gioco vale la candela, è bene nel dubbio e quando non ci sono certezze sulla perfetta riuscita di un restauro simile, lasciar perdere, se ne guadagna in salute e soldi che non vanno sprecati. Infine, vi è un principio che è valido per molte barche costruite nell’ultimo ventennio del Secolo scorso da un certo tipo di cantieri, diciamo non troppo scrupolosi, che hanno in 35 – 40 anni il limite di vita massimo per utilizzarla in sicurezza. Oltre questa età è meglio rottamarla.

DETERMINATO IL TIPO DI BARCA COSA GUARDARE PRIMA DI ACQUISTARLA

Come prima cosa, specialmente se si tratta di un cabinato è importante verificare l’integrità dei ponti esterni, eventuali marcescenze degli stessi, lo stato delle pareti della tuga, la tenuta degli oblò, che non devono presentare infiltrazioni e che indicano umidità negli ambienti interni e pregiudizio per i materiali impregnati di umidità, sinonimo di fine vita degli stessi e di quel cattivo odore che mai andrà più via se non si effettua una bonifica, eliminando tutti quelle parti che lo generano, come cuscini, tappezzerie, paiolata vecchi, tende e oggetti accumulati in gavoni e cassetti. Un buon armatore, quando la barca in inverno è in secca, provvede a svuotare tutti i gavoni, mobili e cassetti, lascia aperti in parte gli oblò consentendo la fuoriuscita di eventuale umidità che normalmente risiede in sentina per effetto delle differenze termiche tra il mare e gli interni stessi della barca. Vanno controllati tutti i servizi elettrici verificando cosa funziona e cosa no.

In questo caso, consiglio per i meno esperti, un intervento di un elettricista nautico serio che deve determinare lo stato dell’impianto elettrico, delle batterie, partitori, generatori, inverter, quadro comandi, apparecchiature elettroniche come GPS -VHF ecc.. tutti oggetti che in caso di mal funzionamento vanno sostituiti ed i costi non sono cosa da poco.Ultima cosa molto importante che spesso viene tralasciata è l’utilizzo di batterie sigillate al gel, al posto delle vecchie batterie ad acido che sono pericolosissime, in quanto durante la ricarica producono idrogeno e se i locali dove sono alloggiate non sono ben ventilati, una scintilla accidentale può determinare una esplosione che in caso di passeggeri a bordo ha più volte provocato delle vittime. Questo passaggio è fondamentale e non farlo comporta dei rischi gravissimi che è importante evitare assolutamente. La vita delle persone non ha prezzo e rischi simili non devono esserci oggi che la tecnica ha fatto passi da gigante, aumentando notevolmente la sicurezza degli impianti di bordo di una imbarcazione!

I MOTORI

Per i motori o il motore va osservato lo stato generale di mantenimento, lo stato della pulizia e dell’ordine della sala macchine, per i motori entrobordo. In caso di prova in mare è comunque in linea generale è sempre meglio farsi assistere in fase di valutazione delle condizioni meccaniche dei motori, invertitori, tenuta idraulica assi, stato delle eliche, pompe di raffreddamento, pompe di sentina, scambiatori di calore,iniezione e iniettori per i motori diesel, carburatori o iniezione per motori a benzina ecc..  sarà il meccanico a dire cosa va fatto per rimessare i motori o il motore con i relativi costi.

Fare da soli per i motori lo sconsiglio sempre a tutti perchè si potrebbe incappare in sventole da capogiro…

MEGLIO RIVOLGERSI AD UN CONSULENTE ABILITATO DEL SETTORE

Si potrebbero dire ancora diverse cose, ma per i meno esperti e comunque in linea di massima è sempre meglio farsi assistere da un tecnico abilitato del settore con il supporto tecnico del cantiere che deve eseguire rimessaggi, riparazioni e manutenzioni, specialmente se si tratta di acquistare barche che hanno determinati costi, onde evitare  sprechi di danaro imprevisti e fastidiosi o addirittura un incauto acquisto!

Per qualsiasi domanda contattateci siamo a disposizione!

L'articolo Le barche a motore di una volta – quale acquistare? proviene da Nautica e barche d'epoca - Altomareblu.

Carene famose: “Fairmile D 613”– di Franco Harrauer

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Fairmile D

La MGB Fairmile “D 613” costruita dal Cantiere J.Hall di Glampton ripresa durante i collaudi di accettazione da parte dell’Ammiragliato. La plancia è protetta da materassi paraschegge

Nel 1941, sotto l’impellente spinta delle necessità belliche, nacque in Gran Bretagna una delle carene più prestigiose e funzionali che la storia della motonautica possa annoverare; un tipo di imbarcazione da spendere in azioni belliche di rapida costruzione, di costo contenuto e senza impiego di materiali che per il loro reperimento nel periodo bellico erano considerati strategici.

Ebbene questo autentico bene di consumo che doveva essere impiegato ad esaurire i suoi compiti nell’arco allora augurabilmente breve della durata del conflitto, ha avuto una vita estremamente longeva dimostrando la bontà del disegno e soprattutto del sistema di costruzione e dei materiali.

Vogliamo parlare della carena Fairmile tipo «D» che sotto le sembianze di guardacoste, trasporto, motoryacht o barca contrabbandiera, ancora oggi a distanza di oltre trenta anni solca onorevolmente i mari di tutto il mondo. Con la flotta impegnata in tutti i teatri bellici del mondo, l’Ammiragliato Britannico all’inizio del conflitto varò un programma di emergenza per la costruzione di unità leggere e veloci capaci di un grande volume di fuoco e adatte per scopi difensivi (quali la caccia agli U boot e la scorta ai convogli) ed anche offensivi nel quadro di potenziamento delle forze navali del “Coastal Commando” che le avrebbe impegnate come motocannoniere e siluranti.

Fairmile D

Il progetto fu elaborato dall’ufficio studi dell’Ammiragliato in collaborazione con Norman Hart, del cantiere Fairmile, che nel quadro di un programma precedente aveva già progettato in base agli stessi criteri l’ottima serie dei dragamine a unità di pattuglia CD conosciuti sotto il nome di Fairmile “A» e “C», rispettivamente di metri 33,50 e 32,00.

Il concetto base di una rapida costruzione portò all’elaborazione di una forma di carena allora poco usata su unità di una certa grandezza e cioè la “hard chine» con uno spigolo molto teso che partendo dallo specchio di poppa arrivava a congiungersi alla linea di cinta all’estremità superiore del dritto di prora, generando così un bordo d’entrata alla ruota non superiore ai 15°, valore estremamente favorevole alle basse velocità che l’unità doveva mantenere durante la normale navigazione di pattuglia.

Mentre le fiancate erano lo sviluppo di una superficie piana, il fondo della carena grazie all’adattabilità del sistema di costruzione a fasciame lamellare incrociato, aveva un disegno con sezione ad «S» che ne favoriva la planata alle alte velocità e conferiva allo scafo le doti di tenuta di mare necessarie ad una unità che doveva sviluppare la massima velocità in condizioni di mare spesso avverse.

La chiglia non era nella sua parte bagnata molto pronunciata e la stabilità di rotta era dovuta molto alla lunghezza ed alla finezza dello scafo (L = 33,73, l = 5,85) rinunciando ad uno « skeg » di superficie efficiente, probabilmente per non produrre delle turbolenze nocive a monte delle eliche centrali.
Come si è detto, la costruzione era in doppio fasciame di mogano su struttura di quercia divisa in otto compartimenti stagni.

L’abilità dei tecnici dell’Ammiragliato consisté soprattutto nella pianificazione della costruzione con lo studio di elementi strutturali che potevano essere prefabbricati ed assemblati da piccoli cantieri artigiani anche non particolarmente attrezzati; infatti, la maggior parte dei materiali veniva preparata dalla Fairmile in qualità di capo-commessa ed inviata in vari stadi di approntamento ai cantieri allestitori.

In questo modo, nel periodo dal 1942 alla fine del conflitto furono prodotti complessivamente 229 Fairmile del tipo «D», da ben 20 cantieri sparsi in tutto l’Impero, dall’India a Trinidad, o dall’Australia al Canada. Questo tipo di Fairmile, chiamato scherzosamente dagli equipaggi «Dog», cioè «cane», con quattro motori a benzina Packard da 1250 HP ciascuno, sovralimentati, imprimevano allo scafo una velocità massima di 31 nodi a 2400 giri con un dislocamento di 91 tonnellate nella versione armata a motocannoniera, ma che scendevano a 28 nodi. Con l’aumento dei carichi bellici nella versione “motocannoniera – silurante” arrivavano a ben 105 tonnellate.

La capacità dei serbatoi di carburante era di 40.000 litri il che rendeva l’unità una autentica bomba in caso di fuoco a bordo.

L’armamento poteva essere variato a secondo delle missioni ed andava da quello posamine a quello motocannoniera o silurante, oppure tutte e due le versioni come negli ultimi tipi; in tal caso il potenziale bellico era veramente formidabile ed oltre ai quattro lanciamissili da 533 mm, comprendeva:

  • 2 cannoni da 57 mm
  • 1 mitragliera a due canne da 20 mm
  • 2 mitragliere binate da 12,7 mm
  • 2 mitragliere da 7,69 mm

il tutto manovrato da tre ufficiali e 27 marinai.

Fairmile D

Questi eccezionali mezzi bellici operarono in tutti i teatri di guerra, spesso in collaborazione con i leggendari «commandos» e compirono azioni audacissime, effettuando sbarchi in territorio nemico.

I Fairmile «D» furono molto attivi nel Mediterraneo operando negli anni 1943/44/45 dalle basi di Bastia in Corsica, effettuarono numerose azioni di disturbo contro il traffico costiero tedesco, specialmente nella zona dell’arcipelago toscano.

Nel dopoguerra le numerose squadriglie furono accantonate e messe in disarmo nei porti del Mediterraneo in attesa di demolizione; ma l’inattività durò ben poco e quasi tutte le unità furono riarmate per essere cedute a marine straniere, oppure furono vendute a privati che le adibirono ad usi più disparati.

Negli anni ’60 i Fairmile furono protagonisti, proprio per le loro eccelse doti di velocità e tenuta in mare, di battaglie ed inseguimenti non meno cruenti di quelli per i quali erano nati; ma questa volta i carichi erano costituiti da sigarette e merci di contrabbando.

Specialmente la nostra Guardia di Finanza, anche essa equipaggiata con le ex unità inglesi, si trovò ad affrontare, diciamo ad armi pari, le veloci imbarcazioni contrabbandiere armate di poderosi «radar», in scontri che spesso non si risolvevano dopo lunghi inseguimenti in una resa ed un sequestro dell’imbarcazione, ma in autentici combattimenti e tentativi di speronamento come quelli avvenuti nelle acque della Sardegna.

Un discreto numero di Fairmile fu trasformato in motoryachts con il cambio dei motori da benzina a nafta. La costruzione di sovrastrutture ed alloggi portò ad una conseguente diminuzione della velocità che però, per la finezza delle linee di carena, rimaneva sempre notevole, anche con potenze nettamente inferiori.

Franco Harrauer

Crediti: Articolo scritto dall’architetto Franco Harrauer e pubblicato sulla rivista nautica “Mondo Sommerso” – Dicembre 1973 e riprodotto qui su AltoMareBlu ricordando il formidabile personaggio ed il progettista speciale e che manca a chi lo ha conosciuto personalmente ed a chi lo ha seguito attraverso i suoi articoli e le sue creazioni.

Ciao Franco!!

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Cantieri Navali Zarcos S.p.A. – Novità dal 1969 al1972

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Cantieri Navali Zarcos

Nel 1972 in varie riviste dedicate alla nautica fu presentata la produzione dei vari modelli che si rilevarono poi essere di successo per due motivi fondamentali:

  • Erano tutte progettate per il disegno di carena dall’ing. Renato “Sonny” Levi e per le sovrastrutture dall’arch. Franco Harrauer, due firme che hanno lasciato un segno indelebile della nautica da diporto di quei tempi e che sono arrivate ad essere conosciute fino ai nostri giorni
  • Le barche di cui sopra detto erano costruite dal Cantiere di Marcello Scorza di Roma con una cura speciale e con la scelta dei legni fatta con molta competenza su indicazioni anche dei progettisti

Abbiamo descritto in più occasioni di varie barche costruite dal cantiere Zarcos S.p.A., ma non avevamo mai dato il giusto spazio che meritavano. Lo spunto ce lo ha dato Salvatore Musella, lettore di Altomareblu sito web e della nostra pagina di Facebook, appassionato di queste carene. Infatti, avendone vista qualcuna da vicino ne è rimasto notevolmente colpito per la bellezza e la qualità di quelle costruzioni.

Ho così preso spunto da questo stimolo esterno e dopo una ricerca nei nostri archivi, tra pubblicità dell’epoca e presentazioni pubblicate su varie riviste del settore le riproponiamo per non dimenticare la storia di questo cantiere. Mi rendo conto che è pochissimo, ma meglio poco che niente. Tuttavia, da queste poche notizie e foto di seguito pubblicate, un’idea della produzione di barche Zarcos si riesce ad averla.

Ci tengo a precisare che si tratta di inserti staccati dalle riviste dell’epoca e non avendo riferimenti precisi, chi me le ha regalati evitando che finissero al macero, mi ha riferito che queste preziose testimonianze d’epoca, risalgono a pubblicazioni presenti sulla più antica rivista del settore nautico “Nautica”, oltre a “Mondo Sommerso” e forse qualche altra di cui non ricordo.  Tuttavia, ritengo doveroso citare le fonti, ringraziandoli comunque per la preziosa testimonianza storica che ci hanno lasciato.

Il Cantiere Navale Zarcos di Marcello Scorza negli anni 1967/68 produsse in serie le seguenti barche:

  • 12 M
  • 8 M – 2×265 HP B.P.M
  • 8 M – 2×90 HP Perkins
  • 6 M – 2×80 HP Mercruiser
  • 6 M – 1×120 HP MercruiserNel 1969 produsse:

Cantieri Navali SCORZA

Zarcos 11/M

  • lunghezza f.t.: 10,80 m
  • lunghezza al galleggiamento: 8,50 m
  • larghezza max.: 3,50 m
  • immersione: 0,53 m
  • pescaggio: 0,90 m
  • altezza 1,90m
  • motorizzazione: 2x 160 HP Perkins HP 160
  • velocità max: 26 nodi
  • posti letto: 6 divisi per tre cabine
  • locale separato con W.C
  • zona cucina – frigo
  • serbatoi nafta in acciaio inox: 800 litri
  • serbatoi acqua in acciaio inox: 400 litri

Tutta la produzione delle carene Zarcos era realizzata in quattro strati di lamellare  di mogano incrociati a 45° tra loro ed incollati con colla resorcinica. Il primo “Zarcos 11/M” fu varato all’inizio del mese di ottobre del 1969 nel Tevere, luogo dove i Cantieri Navali di Marcello Scorza avevano la loro sede.

Zarcos 10/M

Cantieri Navali Zarcos

  • lungh. f.t.: 9,80 m
  • lungh. al gall.: 8,20 m
  • largh. max.: 3,05
  • imm.: 051 m
  • motori: 2×131 Perkins
  • velocità: 26 nodi
  • posti letto: 6 in due cabine
  • w.c.: in locale separato
  • cucinino con frigo
  • serbatoio carburante in acciaio inox: 600 litri
  • serbatoio acqua in acciaio inox: 200 litri

Barca indicata per crociere familiari. Costruita in quattro strati di mogano lamellare, incollati con colla resorcinica ed incrociati tra loro a 45°.

  • Progetto: Levi – Harrauer e varato a Dicembre del 1969

Zarcos C.V. 500

Cantieri Navali Zarcos

  • lunghezza f.t.: 9,60 m
  • larghezza max.:2,60
  • immersione: 0,40 m
  • pescaggio: 0,70 m
  • altezza: 1,90
  • posti letto: 4 in unica cabina
  • w.c.: in locale separato
  • cucinino, frigo
  • motorizzazione: 2×250 cad.
  • velocità max.: 43 nodi

Questa imbarcazione nacque da una carena da competizione ed fu costruita per crociere e spostamenti veloci. Il sistema di costruzione era sempre lo stesso, lamellare di mogano in quattro strati incollati ed incrociati tra loro a 45°con colla resorcinica (detta anche colla rossa). Progetto: ing. Renato “Sonny” Levi.

Il Cantiere Scorza nella stagione 1967-68 riscosse molto successo sia di vendite ed ordinazioni, tanto che fu assorbita l’intera produzione 1967-68-ed ha ricevuto ordini e consegne per tutto il 1969.

Risulta che durante l’estate 1968 le imbarcazioni vendute abbiano navigato regolarmente per lunghe crociere senza che al cantiere pervenissero lamentele da parte degli acquirenti e senza che si fosse verificato alcun incidente.

Il risultato descritto fu molto importante per il cantiere Zarcos tanto che non temette alcun confronto con altre produzioni che, pur essendo più commerciali, non erano adeguate alle esigenze della clientela che voleva cabinati particolarmente adatti alla navigazione per lunghe crociere.

Listino Prezzi Zarcos:

  • 12/M: lire 38.500.000
  • 12/M: lire 33.500.000
  • 11/M: lire 26.800.000
  • 10/M: lire 16.900.000
  • C.V.500: lire 15.500.000
  • C.V.300: lire 13.500.000
  • 8/M: lire 14.000.000
  • 6/M: lire 4.700.000
  • 6/M: lire 4.100.000

Brochure produzione Cantieri Zarcos del 1972

Cantieri Navali Zarcos

Cantieri Navali Zarcos

Purtroppo non è molto quello che sono riuscito a mettere insieme circa la produzione dei cantieri Zarcos di Roma, ma meglio di niente e spero che il nostro lettore Salvatore Musella sia rimasto soddisfatto…

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Racconti del Comandante – Storia di un piccolo M/Veliero di Giovanni Ajmone Cat

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AltoMareBlu ha l’onore ed il piacere immenso di presentare agli appassionati di feluche a vela latina il San Giuseppe Due, in uno scritto storico del suo armatore, nonché Comandante Giovanni Ajmone Cat.

San Giuseppe Due

La straordinaria ed eccellente feluca costruita a Torre del Greco fu varata il 10 agosto del 1968. Progettata secondo le direttive di antiche costruzioni simili richieste dal suo Comandante e adatta agli scopi che si prefiggeva, utilizzò nella seconda spedizione un equipaggio appositamente addestrato della Marina Militare, con cui riuscirono a superare le avversità atmosferiche di un ambiente estremo della zona zona più a sud mondo. Interessantissima e coinvolgente la sintesi dei trascorsi di navigazione raccontati.

Purtroppo, questa gloriosa feluca ha vissuto e sta vivendo vicissitudini dovute ad una pessima gestione del suo lascito gestito in gran fretta con cui è stata ceduta alla Marina Militare. A nostro modo di vedere, scevri da ogni inutile polemica, ci sono stati molti intoppi di vario genere, ma il ritardo notevole per  la ristrutturazione della feluca che sembrerebbe indirizzata verso un utilizzo museale, ci sembra eccessivo. Notevoli le critiche, i commenti di tanti appassionati, la delusione dell’ex equipaggio militare che la stessa Marina Militare forni al Comandante Ajmone Cat per gli alti scopi scientifici delle spedizioni, in particolare l’ultima.

Il tutto è ricaduto sulla situazione economica del vecchio continente, ormai nelle mani di un potere economico fuori controllo che ha impoverito tanti paesi, in particolare il nostro, creando una economia a debito che lascia letteralmente il paese senza disponibilità economiche, con la dannata moneta straniera Ue -Bce che ci ritroviamo.. Insomma, data la situazione di prostrazione generale economica del paese, la povera Marina Militare, ormai a corto di risorse si affida alle Università specifiche cercando con il lavoro di sperimentazione degli studenti, oltre ad enti privati per le risorse, di realizzare quanto si spera per lo storico Veliero.

Una domanda nasce spontanea: ma tutto questo Vi sembra giusto? Quando gli eredi morali della sorte di questa gloriosa feluca, ovvero i quattro componenti dell’equipaggio della Marina Militare, riusciranno a vederlo definitivamente posto in modo onorevole come meriterebbe?

Quando quattro ubriachi delinquenti ultras stranieri distrussero un noto monumento di Roma, trovarono subito le risorse con cui in pochi giorni lo rimisero a posto. Con tutto il rispetto per l’arte museale ed il grande autore di quel monumento storico, non credo che il San Giuseppe Due, sia pure con prerogative diverse sia secondo ad esso e vedo una classe politica incompetente ed ignorante che discrimina perfino su due opere d’arte che andrebbero tutelate entrambe allo stesso modo, essendo ricchezza e memoria storica di questo paese. Purtroppo, la politica è sempre in cinta di imbecilli che poi ci governano!!

Giacomo Vitale

San Giuseppe II ed il Comandante Giovanni Ajmone Cat

Il Tenente di Vascello Giacomo Bove, della Regia Marina, idrografo e già collaboratore di Nordesnskiold a bordo della nave “ Vega“, nella scoperta del passaggio di Nord/Est, si trova ad affrontare con gli Argentini anche i misteri dell’Emisfero Australe al comando del tre alberi “Cabo de Hornos“ che troppo grande per affrontare le acque ristrette dei Canali Fueghini, interessante zona per ricerche antropologiche, viene sostituita appunto con la goletta “San Josè  =  San Giuseppe“ che purtroppo il 31 maggio 1882 naufraga nelle acque di Ushuaia, punto centrale della Terra del Fuoco. L’equipaggio si salvò raggiungendo la costa con un canotto.

Il pensiero di Bove è studiare l’ambiente Australe per organizzare una Spedizione Italiana in Antartide.
Rientrato in Italia, trovando scarso interesse da parte delle Autorità non potrà realizzare il suo sogno e finirà suicida a Verona a soli 35 anni, il 9 agosto 1887.

San Giuseppe II ed il Comandante Giovanni Ajmone Cat

Circa 90 anni dopo il naufragio del “San Josè“, si presenta ad Ushuaia, diretta in Antartide la Feluca Italiana “San Giuseppe Due“ che, senza che nessuno dei vivi se ne renda conto, stabilisce un filo di continuità:.. l’Italia marinara nel Continente Australe…;  la vecchia goletta “San Josè“ ha un successore che porta lo stesso nome con la – distinzione – “Due“ , perché, come nelle famiglie Reali o nel Papato vi sono priorità che vanno rispettate e registrate nella Storia. Forse il volto del Tenente di Vascello Bove, che tanto aveva sofferto in questa vita inseguendo un ideale mai raggiunto, guarda commosso il tentativo di un’altro italiano di portare il Tricolare in Antartide.

San Josè, San Giuseppe Due, due nomi in uno: per i credenti una Provvidenza, per i non credenti una Fatalità, comunque il segno di un destino certamente manovrato da qualcuno o più di qualcuno che, da un mondo a noi sconosciuto, guida gli eventi.

San Giuseppe II ed il Comandante Giovanni Ajmone Cat

Il piccolo San Giuseppe Due, una feluca di sedici metri, molto italiana, perché costruito a Torre del Greco, nel golfo di Napoli, parte per le Isole South Shetland, primo approccio all’Antartide, guidato da un invisibile filo che collega con un’altra dimensione. Il suo Comandante è una strana figura, un contadino-marinaio che aveva vissuto la durezza della bonifica e la sofferenza del cabotaggio: affascinato dalle tribolazioni e dalle incertezze di quel passato, sente di portare queste esperienze in un ambiente estremo: l’ ANTARTIDE.

Baia Paradiso spedizione Antartide

Così il 31 dicembre 1970, realizzando i sogni di tanti, la piccola Barca raggiunge le isole South Shetland in Antartide ed in particolare Isla Deception, in cui i vulcani attivi salutano il nuovo anno con un esplosione da far morire d’invidia i pirotecnici napoletani.

Il Passaggio di Drake, via obbligata dalla Terra del Fuoco all’Antartide, è tempestoso ma amico, perché, pur accogliendo duramente la piccola Barca , non la sacrifica alle sue inviolabili acque, ma pur con rudezza, le consente di raggiungere la meta: è un vero definitivo battesimo del mare, da cui il piccolo San Giuseppe Due esce rinfrancato e quasi promosso all’invulnerabilità, “quasi“ perché il mare può sempre rimettere in discussione l’operato di chi non è degno di viverlo.

Arrivato in un ambiente ambito e sconosciuto il piccolo Veliero si trova ad essere strumento per aprire conoscenze nuove di carattere umano, come sopravvivenza laddove la vita è legata a valori essenziali ed a forme cui l’uomo civilizzato nel mondo attuale non è <più abituato>:  niente bar, niente tabaccai, niente televisione, tra l’altro allora poco diffusa, comunque nessuna manifestazione di vita legata al progresso moderno.

Non c’è la varietà cromatica abituale dell’ambiente che normalmente ci circonda, non più fiori, non più viali alberati, non più verdi prati, solo distese gelate e dirupi inaccessibili: qui dominano il bianco dei ghiacci ed il nero delle rocce in uno scenario drammatico ed austero che ha portato i marinai imbarcati al limite della loro accettazione, oltre alla buona volontà e agli sforzi individuali per superare le avversità, amico e utile è stato l’aiuto di alcune Marine straniere e delle Organizzazioni Antartiche di paesi amici.

La piccola Barca, teatro di tutto questo, ha con se una cosa allora molto importante: la BANDIERA ITALIANA. Bandiera che lascerà alle Isole Falkland/Malvinas un ricordo indelebile, perché prima Bandiera Italiana nell’estremo Sud, per giunta reduce dall’Antartide.

Il rapporto tra gli “Antartici“ delle altre nazioni e la piccola Barca sono molto stretti e fruttuosi e dalla mini plancia del San Giuseppe Due, sono realizzati lavori idrografici e biologici.

San Giuseppe II ed il Comandante Giovanni Ajmone Cat

La Barca entra anche in una baia di nuova formazione vulcanica nell’Isla Deception, ne farà i  rilievi, nuovi da sempre, ma il Governo Italiano ignorerà la Scoperta Geografica.

Nel corso dei trasferimenti di andata e ritorno tra località lontane tra loro e di difficile raggiungimento per la solitudine di Isole e di zone impervie, il piccolo Veliero porta il conforto del calore familiare, recapitando scrupolosamente la posta e riprendendone altra da spedire dai rari e sperduti Uffici Postali del Sud Atlantico. A Puerto Madryn, nel Museo del < Correo >, ne esiste una memoria documentata.

La piccola Barca sorprende le genti che incontra per aver vissuto una grande navigazione con così modesti mezzi. I filatelici realizzano un annullo speciale e spediscono buste da e per tutto il mondo.
Le Comunità Italiane all’estero si sentono più unite alla Patria quando il San Giuseppe Due porta in quei posti remoti i colori della Terra Natia.

San Giuseppe II ed il Comandante Giovanni Ajmone Cat

La Marina Militare italiana condivide ideali e sentimenti ed invia due nocchieri di leva per aiutare il rientro dall’Antartide nel 1971 (dopo che la barca era rimasta senza uomini), concludendo così quanto sognato dal Tenente di Vascello Giacomo Bove, anche se forse con una regia che, non necessariamente, collimava al cento per cento con quanto Lui desiderava:  questo non si potrà mai sapere ma  resta il fatto che tra i sogni ed i desideri e la loro realizzazione esiste un duro filtro che è la realtà della vita che modella e modifica gli eventi secondo un disegno superiore a noi sconosciuto.

Questa storia interessa tanto la Marina Militare da indurla a partecipare con suo personale, altamente specializzato per formare l’equipaggio, con aiuti logistici, diplomatici e appoggio idrografico e sanitario alla realizzazione di una “ Spedizione Antartica Italiana 1973/74“ nell’intento di sviluppare ed ampliare quanto iniziato nel primo viaggio 1969/71.

Ancora una volta la piccola Barca con il suo equipaggio tutto italiano è ambasciatrice d’Italia tra le Autorità del Sud America, prima fra tutte le argentine e porta il conforto della Patria alle sperdute Comunità Italiane, in particolare a quelle della Patagonia e della Terra del Fuoco: Ancora una volta la Bandiera Italiana garrisce possente nei violenti venti del Sud Atlantico, anche nelle Isole Falkland/Malvinas dove la Marina Militare Italiana sarà rappresentata in una Parata militare ed infine, ancora unica e prima, nuovamente in acque Antartiche.

Il San Giuseppe Due è come prima e forse più di prima centro d’interesse nazionale ed internazionale per la raccolta di vari dati scientifici, in parte coordinati dall’Istituto Universitario Navale di Napoli: osservazioni sulla trasparenza dell’atmosfera in quasi assenza di evaporazione, rilievi idrografici in zone non scandagliate, bianche sulle carte nautiche, raccolta di materiale biologico e geologico interessante anche per altre Nazioni, osservazione di balene, della loro posizione e della  loro  approssimativa rotta e sopratutto partecipazione del dramma umano di chi, non preparato, affronta quell’ambiente e quelle latitudini. (Cosa accaduta, in particolare nel Primo viaggio).

Infine, il rientro nel 1974 con un lungo e proficuo viaggio che tocca le Orcadi del Sud dove viene realizzato un amichevole collegamento, con scambio di doni e di cortesie, tra gli Argentini dell’Isola Laurie ed i Britannici dell’Isola Signy,  e approda pure la Georgia del Sud dove il San Giuseppe Due appoggia la British Antarctic Survey rifornendo e trasferendo ad altre basi (sempre della stessa Survey) personale in difficoltà per il mancato arrivo dell’attesa Nave Logistica, ritardata dai ghiacci; le basi in Sud Georgia erano allora e forse ancora oggi sono raggiungibili solo via mare.

San Giuseppe II ed il Comandante Giovanni Ajmone Cat

Il M/veliero, durante il viaggio di ritorno a casa,  realizza ancora un Servizio Postale, notizia curiosa, di posta aerea tra l’Isola di St. Helena e l’ Isola di Ascension dove allora c’era l’unico collegamento aereo del Sud Atlantico, attuato dai “cargo“ della U.S. Air Force; allora l’Isola di St. Helena riceveva la visita di una nave Cargo-passeggeri ogni tre mesi.

Infine, il rientro in Patria che, pur apparentemente festoso, non è di reale benvenuto e la piccola Barca, per sopravvivere, si ripara sotto l’ombrello Britannico.

Mantiene il suo nome ed il suo carattere e sopravvive facendo manutenzione in Portogallo, eleggendo in un primo momento, Gibilterra come base, alle leggendarie “ Colonne d’Ercole.

Da questo porto, trampolino dal Mediterraneo all’Atlantico, si realizzano svariate iniziative anche in collaborazione con l’ Istituto Universitario Navale di Napoli e con Istituti Nautici dell’omonimo golfo: osservazioni con “sestante a bolla“ in confronto con quello ad orizzonte marino, nella zona dell’Arcipelago di Madera, con risultati apprezzati anche dalla Ditta Plath, misurazioni di latitudine con il solo cronometro, seguendo un procedimento sperimentale studiato dal Navale di Napoli, per poterlo forse applicare alla navigazione delle lance di salvataggio ed infine ecco gli studenti dell’Istituto Nautico di Torre del Greco, nel corso di due anni scolastici successivi, solcare le onde,  anche con i loro insegnati, alla ricerca, da quello storico ponte, di una familiarità con il loro ambiente futuro: un vero “ Battesimo del Mare “.

Ma la piccola nave ha difficoltà a vivere e per mantenerlo, si presta prima ad un charter tra Napoli le Isole di Capo Verde e l’Africa Centrale, poi in Corsica ad eseguire una “linea Internazionale“, durata quattro anni, tra Porto Vecchio e La Maddalena: discreto successo per una cosa tanto fuori dal normale, con tanti rapporti umani interessanti sia con i passeggeri sia con le Autorità.

Poi un occasione imprevista: la partecipazione alla traversata oceanica in  commemorazione della scoperta dell’America. L’Istituto Navale di Napoli provvede a fornire riproduzioni operative di antichi strumenti di navigazione ed a dirigerne l’uso. Ritorna così una vecchia nostalgia: per tanti anni il San Giuseppe Due aveva doppiato Cabo San Vincente, dove i monaci salutavano  le navi di passaggio con la campana,  poco a NordOvest di Segres sede dell’antica Scuola Nautica fondata da Re Enrico II il Navigatore, sito monumentale di storia e di antica tecnica, punto di avvistamento delle Caravelle reduci da lunghi viaggi di esplorazione.

Napoli, Cadice, Las Palmas, San Juan de Portorico il viaggio di andata. La piccola Barca, non nuova agli Oceani, si comporta egregiamente anche se troppo lenta per i “ puristi “ della  < Sail Training Association >, organizzatori del viaggio. La storica Barca non si cura dei pareri che non interessano ma raccoglie un suo successo per il lusinghiero risultato dato dalle osservazioni con gli strumenti antichi. Colombo ne sarebbe stato soddisfatto e forse, dall’aldilà, benedice questi tentativi di eseguire il viaggio di Commemorazione con metodi a Lui familiari.

Bermude, New York, Boston Liverpool Nuova Scotia,  St Jons Terranova dove Marconi eseguì i sui primi esperimenti sulla propagazione delle onde elettromagnetiche.

Ed in queste acque la Bandiera Inglese diventa di famiglia, nel ricordo di Giovanni e Sebastiano Gaboto, che molti secoli prima, avevano esplorato e reso navigabile il Gaboto Street, estuario del Fiume San Lorenzo e le coste della Terra Nova: anch’essi, pur italiani, operarono nelle loro scoperte con i colori del Regno d’Inghilterra.

Comunque il Comandante, contadino-marinaio, in tutte le manifestazioni del viaggio, indossa la divisa di Capitano della Marina Mercantile Italiana: una testimonianza nazionale atta a riportare ad oggi storia e leggenda  d’ italica tradizione.

Il rientro da Terra Nova a Falmouth è duro ma molto regolare: il Nord Atlantico, forse in ricordo del Passaggio di Drake, è forte ma benevolo ed il piccolo San Giuseppe Due non incontra grandi problemi ed in quattordici giorni traversa l’Oceano Atlantico raggiungendo la Cornovaglia, terra di Re Artù, gravida di leggende e di storia che ovunque aleggiano nell’aria.

La Biscaglia con una durissima burrasca, El Ferrol del Caudillo, la Costa de la Muerte, infine Gibilterra, il Mediterraneo, il Sud della Spagna, Torre del Greco, luogo di origine dove molti cuori hanno sempre seguito questa piccola Barca e sognato nel suo destino: termina qui il ritorno da questo lungo e storico viaggio.

La “ BARCA “ è ancora al centro dell’attenzione di tanti appassionati e partecipa alla “Cutty Sark” del 1996 suscitando gli interessi di molti, sopratutto delle Marine Straniere ed in particolare provocando la nascita spontanea di due gemellaggi morali, uno con la Nave Scuola Venezuelana “ Simon Bolivar”, vincitrice del trofeo e l’altro con un’altra Nave Scuola, la portoghese “ Creola “ ex peschereccio sui Banchi di Terra Nova; anche dalla Nave Palinuro della Marina Militare giungono tangibili segni di simpatia.

Da allora la Lega Navale Italiana, Sezione di Portici, si interessa al San Giuseppe Due, organizza visite a bordo per le scuole ed una crociera culturale ed espositiva nei Tre Golfi:  Napoli, Salerno e Policastro. In quel periodo, aggregatasi alla Lega Navale, entra in scena l’ E.N.E.A. “ Progetto Antartide” che a Fiumana grande, presso Roma, dove il MotoVeliero si trova ormeggiato, organizza una manifestazione dedicata appunto al Continente Australe, proprio in considerazione di questa presenza storica e diffonderà anche un calendario per l’anno 2000 dove assieme a Navi  Antartiche famose come l’Endurance di Shackleton, la Discovery di Scott, la Fram di Amundsen e tante altre presenze indimenticabili come Cook, Bellingshausen, Bougainville , appare la Piccola Storica BARCA.

Qui finisce una storia che, pur avendo avuto risvolti quasi leggendari, è poco conosciuta proprio in quella Italia rappresentata con tante fatiche e con tanti dolori in territori lontani a volte sconosciuti.

San Giuseppe II ed il Comandante Giovanni Ajmone Cat

San Giuseppe Due

Ora la piccola Barca è orfana ed ancora in esilio sotto i colori di Albione, ma  i suoi figli “adottivi“ si sono offerti come una volta a formare l’equipaggio per riportarla a casa nel suo ultimo viaggio,  ma trova nella Patria, che tanto appassionatamente ha portato con se in mondi allora misteriosi, pochissimo interesse e leggi inadeguate a permetterle di invecchiare sotto il vecchio TRICOLORE originale.

Quale sarà il futuro?  Nave Museo in mare o in terra, magari!!  Nave scuola ma in mano di chi?? Demolizione forse??
L’Italia e non sarebbe la prima volta, butterebbe via un’altra delle sue radici!

Anzio, Dicembre 2005

Giovanni Ajmone Cat- Capitano di Lungo Corso – Dott. In Scienze Agrarie.

 

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Italcraft C – 51 in vendita

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Italcraft C - 51 in vendita

Imbarcazione del 1987 costruita dalla Italcraft per il Re del Belgio e per questo motivo, rispetto alle altre sue
imbarcazioni gemelle, ha una struttura rinforzata ed è sovra motorizzata.

Italcraft C - 51 in vendita Italcraft C - 51 in vendita
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DATI DI TARGA

  • Lunghezza f.t.: 14,60 metri
  • Larghezza max.: 4,25 metri
  • Motori: GM 6V92- 2×550 HP a 2.300 g/m
  • Invertitori: Allison RR 1,5:1
  • Velocità maX.: 32 nodi
  • Anno di Immatricolazione: 1989
  • Anno di Costruzione:1987
Italcraft C - 51 in vendita Italcraft C - 51 in vendita

La barca non ha problemi di assetto in navigazione. I motori sono funzionanti, ma il motore dx non prende
completamente i giri fermandosi a 1800 rpm.

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Oltre alle dotazioni di serie dell’imbarcazione l’attuale armatore ha aggiunto una serie di accessori ed impianti come serbatoi aggiuntivi di acqua dolce, ghiacciaia in pozzetto, catena supplementare, illuminazione interna a led, plancetta di poppa maggiorata.

E’ stato eliminato il sistema di tenderlift originale Italcraft ed è stato realizzato di un garage libero da ingombri. I flaps sono stati maggiorati per un migliore effetto di correzione d’assetto in navigazione a seconda delle condi meteo e del numero di passeggeri presenti a bordo dell’unità.

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La barca è stata oggetto di numerose e continue opere di aggiornamento tra cui anche il totale rifacimento (quasi ultimato) della cabina di poppa, che da due letti singoli è diventata doppia.

PREZZO DI VENDITA

  • 40.000 €  negoziabili
  • Unità visibile a: Lecce
  • Per contatti: Totò Mazzarella – cell.: 337 826 469

 

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Salviamo l’Antartide di Mario Camilli

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SG2 Orcadas – foto Camilli

Il più ventoso… il più freddo… il più secco… il più alto… il meno conosciuto… questi sono i superlativi dell’Antartide. Il lontano continente che la maggior parte della gente non visiterà mai.

In effetti  molti  hanno più conoscenza della luna  anziché questo particolare e splendido posto del nostro amato pianeta. Negli ultimi due secoli, l’Antartide è stato teatro di alcune delle più Grandi Sfide della Scienza,  della resistenza umana, della sopravvivenza e dell’esplorazione.  Attualmente è al centro di un grande sforzo scientifico per comprendere e conoscere a fondo il nostro mondo.

I primi esploratori erano alla ricerca di nuovi territori di caccia, di nuove fonti da sfruttare, di balene, foche per le loro pelli ed a seguire per il petrolio ed i minerali. Negli ultimi cinquanta anni, attraverso programmi scientifici internazionali avanzati, siamo alla ricerca di come il nostro pianeta si è evoluto e di come il cambiamento climatico possa influire sul futuro.

Base Mc Murdo USA – foto Camilli

Il 2020 sarà un anno importante per l’Antartide! Sono trascorsi duecento anni dal suo primo avvistamento (Gennaio 1820, almeno in tre rivendicano questo primato, Von Bellingshausen, E. Bransfield, N. Palmer) ed il Trattato Antartico compie i suoi primi 60 anni.

L’eredità Antartica è ricca e diversificata da quando il Capitano Cook partì da Whilby nel 1772 alla ricerca del Continente Bianco. Le figure leggendarie di Scott, Shackleton, Amundsen, Bellinghausen e di molti altri esploratori ci hanno lasciato per oltre un secolo le storie di avvincenti ed a volte drammatiche avventure, tutte volte alla scoperta e alla conquista scientifica del continente. Le origini della “scienza formale” ebbero inizio da parte dei britannici con l’Operazione Tabarin, quando instaurarono nella Penisola Antartica la Base di Port Locroy, segnando la nascita dell’Era Moderna e della collaborazione internazionale e la fine dell’Era Eroica,  anche se precedentemente nel 1904 l’Argentina aveva installato un Osservatorio Meteorologico Naval in Orcadas Islas.

Nel 1959 dodici paesi firmarono il “Trattato Antartico”, oltre ad ulteriori quarantadue paesi che si aggiunsero studiando le regole che “proteggono”, più che sfruttano il Continente. Il Trattato sostiene e promuove la ricerca scientifica vietando nel contempo le attività militari, l’estrazione di minerali, gli esperimenti nucleari, lo smaltimento di scorie e la pesca indiscriminata, regolando il prelievo di alcune specie, vedi balene ecc.

Base Alte Brown 2017 foto Camilli

Il futuro dell’Antartide rimane intatto per ora, ma nel corso della nostra vita, potrebbe diventare fragile. Gli elementi del Trattato potrebbero essere rivisti nel 2048. Ma prima di quell’anno sarebbe auspicabile introdurre nuove ed urgenti regole, simili a quanto fu fatto con  Protocollo Trattato Antartico – Protezione Ambiente approvato nell’agosto 1991 – Esecutivo 1° Aprile 1994, quando si vietò l’introduzione dei cani per non mettere in pericolo la fauna locale.

Attualmente occorrerebbe:

  • La limitazione e regolamentazione del flusso turistico. Siamo quasi al collasso, con turisti che fanno il bagno in pozze di acqua calda ecc.

  • Introdurre una specie di “Piano Regolatore” dove vengano specificate le modalità per l’istallazione di nuove basi e l’individuazione del sito, vietandole nei pressi di luoghi di particolare interesse per la fauna e posti in prossimità di Pinguinerie
  • Limitare e regolamentare i voli degli enormi aerei tipo Hercules “C 130”  e simili che trasportano materiali e personale, limitando al massimo l’inquinamento atmosferico e dove per forza di cose bisogna spianare enormi distese di ghiaccio per farli decollare ed atterrare.

La Cina è in procinto di costruire un aeroporto per voli di linea turistici e questo potrebbe essere l’inizio della fine del Continente Bianco.

– Creare il “Santuario Marino del Mare Antartico” e non solo il “Parco Marino“ nel mare di Ross.

L’Antartide è l’ultima frontiera e va protetta!

 

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Aurea Materia di Marco Nicoletti

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Aurea Materia Libro

Libro Marco Nicoletti

In questo volume intitolato “Aurea Materia” l’autore Marco Nicoletti riporta una scelta di tre quaderni, belli e di carta spessa, che riferisce testualmente, negli ultimi quindici anni ho colmato con appunti, impressioni di viaggio, coincidenze quotidiane, citazioni da autori a me cari e disegni.

Un promemoria basato sul ricordo di altri preziosi diari, quali “Il Diario di uno straniero a Parigi” di Malaparte, “Le Lettere, Pensieri e Appunti” di Tommaso Buzzi, “L’Italia di Ieri” dei Goncourt, “Le Cose viste” di Ojetti, “Le Memories” di Goldoni, “I viaggi in Italia” di Ruskin. In essi ho potuto gustare la malia che solo un tale genere di scrittura può sprigionare.

Sintetica raccolta di accadimenti e suggestioni, questo personale teatro della memoria rappresenta l’impalcato aureo ove poggiano le architetture dei miei libri.

Ho saputo di questo libro da Mario Camilli uno dei quattro componenti dell’equipaggio della Marina Militare messo a disposizione del Comandante Giovanni Ajmone Cat per raggiungere l’Antartide e di seguito è riprodotta una piccola parte del libro in cui il suo autore descrive della storia del San Giuseppe Due e del suo mitico Comandante, impresa che riusci per il grande coraggio del comandante e dell’equipaggio.

Un viaggio durato in totale circa due anni e mezzo e vissuto a bordo del motoveliero dagli spazi angusti, progettato secondo le indicazioni del suo Comandante – armatore e realizzato con la sapiente maestria dei due mastri d’ascia, Girolamo e Giuseppe, dell’ultra centenario Cantiere Palomba di Torre del Greco.

14 settembre (2002) pag.93

Vado ad Anzio a trovare Giovanni Ajmone Cat, il primo navigatore italiano ad aver raggiunto l’Antartide, nel 1969 e nel 1973, con un veliero fatto costruire appositamente. Mi ha tenuto a battesimo. Il casale in vista del mare, soffocato dall’edilizia popolare che è arrivata fino al muro di cinta.

Il Comandante ha scavato un’enorme trincea nel terreno a lato della casa e ci ha calato dentro il veliero San Giuseppe Due, tolto dal mare e divenuto monumento.

Dentro casa c’è il museo con reperti dell’Antartide e, in garage, la favolosa Lancia Artena Torpedo del ’34, un sogno di macchina, l’eleganza perfetta. Il “Giovannino” è lo stesso di quando io avevo sei o sette anni, ancora tormentato dalla madre che ora è centenaria.

Veliero San Giuseppe II

22 dicembre (2002) pagg. 98 – 99 – 100

Anzio

L'Odissea del motoveliero San Giuseppe Due - Quando avrà fine?

Nella casa di Anzio, una domenica pomeriggio davanti al camino con Giovanni Ajmone Cat e l’equipaggio del San Giuseppe Due. Dopo colazione, Giovanni inizia a raccontare della seconda spedizione antartica.

Si era fermi al largo di Las Plalmas di Gran Canaria, all’ancora: In quel periodo gli americani, era il 1973, avevano la navicella Apollo nello spazio e i russi, con navi mascherate da pescherecci, li spiavano dall’Atlantico: Vi era una nave con grandi antenne paraboliche retraibili che seguiva i movimenti della navicella spaziale, era circondata da pescherecci, probabilmente motovedette militari mascherate, che le stavano attorno impedendo alle altre imbarcazioni  di  avvicinarsi.

Noi eravamo evidentemente sconfinati in quel tratto di mare controllato, tanto che ci venne vicino una delle imbarcazioni e ci girò attorno per un po’.

Allora, facemmo tutti i segnali di convenienza e loro insistettero per poter salire a bordo, essendo venuti a conoscenza che la nostra destinazione era l’Antartide.

Al nostro rifiuto, quelli proseguirono l’avvicinamento a velocità sostenuta, speronandoci il giardinetto di sinistra e causando la rottura della falchetta di poppa sinistra….a quel punto, scesi sotto coperta e mi armai.

Equipaggio San Giuseppe II

Avevo a bordo due revolver Glisenti 10.35 (antica dotazione dei Carabinieri) due fucili: Tornato sul ponte, scaricai i sei colpi di una delle Glisenti sulla motovedetta in avvicinamento. A bordo, vi fu il panico e lo scafo si allontanò rapidamente raggiungendo il rompighiaccio che era in rada.

Allora, scesi a terra con il tender e denunciai il fatto alla rappresentanza consolare italiana presso l’autorità portuale.

Il giorno dopo – eravamo ancora alla fonda – ci raggiunse una motovedetta dell’autorità portuale con militari a bordo e mitragliatrici puntate su di noi: era il comandante del porto che veniva ad indagare chi fossimo e perché avessimo sparato. Dopo lunghe, sospettose formalità, salì a bordo per notificarci il reato commesso.

A quel punto il mio equipaggio, in quanto costituito da sottufficiali di marina, indossò la divisa militare. Immediatamente, sullo scafo della capitaneria ci furono momenti di grande nervosismo tra i militari, tanto che un sottufficiale, sicuramente ubriaco, impugnò un mitra MAB, lo caricò e ce lo rivolse contro dicendo “ Conto fino a cinque e poi sparo!”

Capii all’istante di essere nei guai. Ma avevo con me un ostaggio. Puntai allora la Glisenti al collo del comandante, minacciando di ucciderlo se non avessero posato le armi entro un minuto. Il comandante, terrorizzato, ordinò ai sottoposti di posarle e di fare immediatamente ritorno al porto.

Scampato pericolo, ci riconducemmo anche noi alla rada e l’avventura finì per il meglio. Quando attraccammo, dichiarammo alle autorità < spagnole > che eravamo una rappresentanza della Marina Militare Italiana, come tali, ci eravamo difesi da una aggressione.

San Giuseppe II Cantieri Palomba. Spedizioni italiane in Antartide 1973/74

Un altro racconto di Giovanni riguarda il golpe militare di Borghese. La figura del Principe. Le guardie forestali come capro espiatorio. Un colpo di Stato esclusivamente militare, non politico. Giovanni ricorda che in quei giorni, al Circolo della Caccia, fu avvicinato da un noto generale che, forse celiando, lo salutò come nuovo Ministro dell’Agricoltura. Poi, all’ultimo momento, ci fu inesplicabile voltafaccia dei militari e finì tutto nel niente.

Per di più, a Buenos Aires, nel corso di una cena offerta dall’ambasciata italiana con ospiti le autorità argentine, Giovanni aveva incontrato Giulio Andreotti, che gli aveva donato una preziosa riproduzione della fontana di Trevi. Una fatata successione di circostanze e incontri, tutti diligentemente registrati dai Servizi, che aveva dato adito al sospetto di un suo presunto coinvolgimento del golpe del 1974.

Quando, nell’articolo su  Ideazione, parlo di come l’archetipo del Vittoriale sia presente in ogni italiano che si accinge a eternare le proprie imprese, forse non vado lontano dal vero. Il caso di Giovanni Ajmone mi dà ragione. Nella sua casa, esiste quella stessa atmosfera di soffocamento che Ugo Ojetti rilevò essere in quella di d’Annunzio; c’è qualcosa di pesante e leggermente opprimente in quella bella casa di Anzio, nell’aspetto delle persone che la frequentano; anche il timbro della voce del narratore, nonostante il carattere avventuroso dei racconti, rivela una stanchezza dello spirito, un esaurirsi dell’energia, dell’iniziativa e dell’entusiasmo.

Nella dimora, tutto rimane prigioniero dentro un cono d’ombra e, forse per questo, il luogo appare proprio come la copia minima del Vittoriale: là, c’è Villa Thode, piena di oggetti della memoria raccolti in un museo, qui, Villa Palomba (progettata da Tomaso Buzzi) con il suo museo dell’Antartico; accanto alla prima troviamo il Garda e accanto alla seconda il Tirreno; in un parco c’è la nave Puglia e nel giardino dell’altra il veliero San Giuseppe Due. Il Comandante Ajmone Cat si è imprigionato nella propria casa assieme al suo fedele equipaggio, come d’Annunzio con i legionari di Fiume, e rievoca le avventure del passato. Ad Anzio, sono anche entrato nel San Giuseppe Due e sono sceso nella soffocante angustia dello spazio sottocoperta, dove cinque uomini hanno vissuto per due anni in mezzo al mare. Ora, il luogo è un vero mausoleo incantato.

Mi racconta il nostromo Federici che, quando il San Giuseppe Due attraversava il canale di Drake e il mare cominciava ad agitarsi, il comandante si metteva al timone sopra coperta dicendo: Spero che venga un fortunale, così imparate cosa vuol dire andare per mare! Altro che Achab.

 7 Giugno (2003)   pag.104

Come modello per il mio prossimo libro ho scelto un volumetto con lettere, pensieri e appunti di Tomaso Buzzi, che ha veste semplice e di gusto. A proposito di Buzzi, mi raccontava Giovanni Ajmone Cat che quando l’architetto veniva in famiglia per questioni di lavoro (oltre alla casa di Anzio, progettò gli arredi della loro casa romana di via Barnaba Oriani) si intratteneva con Giovanni e la sorella ancora bambini, disegnando sul loro volto tatuaggi colorati.

21 dicembre (2007) pag. 136

Questa mattina trovo in rete un articolo su Giovanni Ajmone Cat assieme al mio racconto delle avventure polari scritto per Ideazione. Ci sono delle sue foto: pare proprio di un altro secolo! Stampo la pagina e la metto in borsa. Nel pomeriggio mi telefona Mario Camilli: Hai saputo la notizia? Senza pensare rispondo: E’ morto Giovanni! Infatti, è così…

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